– Il Presidente Galletti ed il Consigliere Voltaggio rappresentano al Consiglio quanto segue.

Con sempre maggiore frequenza sono proposti agli Avvocati dai c.d. grandi committenti, pubblici e privati, accordi professionali contenenti clausole vessatorie, contrarie alla doverosa proporzione che deve sussistere tra il compenso e la quantità e la qualità delle prestazioni professionali e, comunque, in contrasto con i parametri ministeriali per la determinazione dei compensi di cui al D.M. 10 marzo 2014 n. 55 e s.m.i.

Le suddette clausole che limitano in modo indiscriminato ed abnorme la quantificazione dei compensi, assieme a tante altre che rendono oltremodo gravosa la prestazione professionale, sono in evidente contrasto con l’art. 13 bis della Legge di riforma Professionale n. 247 del 2012, in quanto:

  1. propongono una remunerazione notevolmente inferiore a quella prevista dal D.M. 55/2014, così come integrato dal D.M. 37/18;
  2. impongono agli Avvocati la gratuità di alcune prestazioni e/o un compenso forfettario irrisorio;
  3. determinano il valore della pratica per l’applicazione dello scaglione tariffario con metodi difformi rispetto a quanto indicato nel D.M. 55/2014 e previsto dal codice di procedura civile;
  4. non riconoscono il rimborso per spese generali espressamente previsto dalla legge e dai decreti ministeriali

La questione è di rilevanza primaria per l’avvocatura giacché l’equo e giusto compenso è un principio generale e cardine del nostro ordinamento, garantito dalla Costituzione che tutela il diritto del professionista “ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro” (art. 36), anche in ossequio alla “specificità della funzione difensiva” e alla “primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela è preposta (art. 24 e art 1 co. 2 L. 247/2012);

Gli Avvocati, sempre più spesso in stato di soggezione e debolezza nei confronti dei grandi committenti (pubblici e privati), si trovano costretti ad accettare convenzioni ben lontane da un equo compenso, talvolta indotti dal bisogno ovvero senza la piena consapevolezza che ciò possa determinare in concreto una violazione degli artt. 9, 19, 25 e 29 del codice deontologico vigente.

Ritenuta l’opportunità che l’Ordine forense romano adotti una delibera che stigmatizzi l’illegittima imposizione di tali clausole contrattuali e chiarisca agli Avvocati la portata degli obblighi deontologici in tema di pattuizione dei compensi per l’opera professionale, il Presidente Galletti ed il Consigliere Voltaggio richiamano

  1. l’art. 13 bis L. 247/2012 che impone il riconoscimento in favore degli Avvocati di un compenso equo e proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione e (almeno) conformi ai parametri ministeriali;
  2. l’art. 19 quaterdecies co. 3 DL 172/2017, che estende la disciplina dell’art. 13 bis della L. 247/2012 anche alle PP. AA.;
  3. la circostanza che finalmente, con diversi atti d’indirizzo, anche talune virtuose amministrazioni pubbliche stanno improntando l’attività amministrativa al rispetto della normativa sull’equo compenso;
  4. la giurisprudenza con la quale i giudici amministrativi oramai doverosamente annullano bandi e procedure per il conferimento di incarichi difensivi per l’illegittima fissazione di compensi non in linea con i parametri professionali e contrari alla disciplina sull’equo compenso nei rapporti con le PP. AA.;
  5. le indicazioni contenute nelle Linee Guida dell’ANAC in materia di affidamento dei servizi approvate il 24.10.2018;
  6. gli artt. 9, 19, 25 e 29 del Codice Deontologico vigente:

– che stabiliscono il divieto di accettazione di un compenso iniquo o lesivo della dignità e del decoro professionale e perciò anche in grado di alterare l’offerta delle prestazioni professionali, secondo principi di leale concorrenza tra professionisti

– che impongono che condizioni contrattuali per i servizi legali e per l’attività difensiva non possano tradursi in una corsa indiscriminata al ribasso, con nocumento per la dignità e il decoro del professionista ed oggettiva impossibilità di assicurare la qualità delle prestazioni professionali ad un prezzo vile.

Il Consiglio, condivise le premesse e le considerazioni di cui sopra, delibera all’unanimità:

I) di invitare formalmente:

a) gli enti pubblici, gli istituti bancari, le assicurazioni e tutte le società private di rilevanti dimensioni e ogni altro soggetto destinatario delle disposizioni in materia di equo compenso, nonché l’ANIA e l’ABI con riguardo alle imprese associate a:

i) astenersi dal proporre e stipulare con gli Avvocati convenzioni o accordi professionali che violino o eludano le disposizioni dettate dal legislatore in materia di equo compenso;

ii) garantire agli Avvocati un compenso che sia proporzionato alla quantità e qualità delle prestazioni professionali, al contenuto ed alle caratteristiche della prestazione legale ed, in ogni caso, sia commisurato almeno ai parametri fissati del regolamento ministeriale adottato ai sensi dell’art. 13 co. 6 L. 247/2012, astenendosi dal proporre e, comunque, stipulare clausole vessatorie ai sensi dell’art. 13-bis co. 6 e 8 L. 247/2012 e riconoscendo sempre agli Avvocati il doveroso rimborso delle spese generali nella misura prevista da citato decreto ministeriale,

b) tutti gli iscritti all’Ordine degli Avvocati di Roma ad osservare nei rapporti professionali con gli assistiti ai quali si applichi la disciplina sull’equo compenso il pieno rispetto dei richiamati principi in tema di diritto all’equo compenso, la conformità dei compensi proposti e pattuiti con i parametri ministeriali per garantire il decoro e la dignità professionale;

II) di evidenziare a tutti gli iscritti che la presente delibera tende a favorire il ripristino della legalità per gli accordi contrattuali già in essere e, soprattutto, il rispetto della disciplina legislativa per quelli da stipulare e così ad evitare lo svilimento dell’attività difensiva della quale deve comunque essere garantita la qualità;

III) di rammentare a tutti gli iscritti che la violazione della normativa sull’equo compenso è sanzionata con la nullità delle pattuizioni difformi e può assumere rilevanza di illecito deontologico;

IV) di aprire uno sportello presso la commissione dell’Ordine all’uopo istituita (con il Presidente Galletti, il Vice Presidente Mazzoni e i Consiglieri Graziani, Pontecorvo, Celletti e Galeani), dove gli Avvocati, con garanzia della riservatezza, potranno segnalare tutti i comportamenti posti in essere dai soggetti destinatari della disciplina dettata in materia di equo compenso che sino in contrasto con i principi richiamati nella presente delibera per promuovere specifiche comunicazioni e diffide con l’invito ad attenersi ai principi di cui alle premesse;

V) di inviare la presente delibera al sig. Procuratore Regionale della Sezione giurisdizionale regionale per il Lazio della Corte dei Conti, auspicando una verifica sulle modalità di affidamento degli incarichi legali e difensivi da parte degli enti soggetti a controllo affinché non siano iscritti a bilancio importi per le spese legali evidentemente sottostimati, non veritieri e, comunque, suscettibili di essere disattesi alla luce della sanzione della nullità prevista per le clausole vessatorie dal legislatore a garanzia dell’equo compenso e, comunque, affinché siano valutati eventuali profili di rischio di danni erariali, conseguenti ad affidamenti per importi offensivi per la dignità ed il decoro dell’Avvocato e comunque non in grado di garantire la qualità delle prestazioni professionali con evidente nocumento anche per il pubblico interesse generale.

Il Consiglio all’unanimità dichiara la presente delibera immediatamente esecutiva e dispone che la stessa sia comunicata agli iscritti e pubblicata sul sito web istituzionale. Dispone altresì che la presente delibera sia inviata al sig. al sig. Procuratore Regionale della Sezione giurisdizionale per il Lazio della Corte dei Conti, all’ANIA, all’ABI, agli enti locali del Distretto della Corte di Appello di Roma.