Il diritto all’oblio è una delle riforme che più rispecchia il sentire contemporaneo e che ingloba quelle che sono le esigenze del cittadino del XXI Secolo, sempre più connesso e sempre più attento alla sua web reputation che, come è noto, vale più di qualsiasi biglietto da visita, più di qualunque CV.
È in questo contesto che interviene la necessità di introdurre un vero e proprio diritto che è stato di recente perfettamente definito dalla giurisprudenza di merito (Corte appello Venezia sez. IV, 16/10/2020, n.2719): Il diritto all’oblio sorge allorquando il soggetto intenda porre fine alla evidenza di una notizia riguardante il suo passato la cui permanenza, in un archivio on line, possa recare pregiudizio alla sua attuale reputazione.
A tal fine, prima in via giurisprudenziale -attraverso importanti pronunce della Corte di Giustizia come nel caso Google Spain- e poi normativa, si è cercato di porre rimedio ad una situazione patologica arrivando all’approvazione del GDPR (General Data Protection Regulation – Regolamento UE n. 679/201) nel 2016, entrato in vigore nel 2018, il quale disciplina il diritto all’oblio all’art. 17, prevedendo una serie di motivi in presenza dei quali l’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo (e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellarli senza ingiustificato ritardo).
In particolare, l’interessato può chiedere la cancellazione quando i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o trattati, o quando abbia revocato il consenso al trattamento o i dati siano stati trattati illecitamente.
Il diritto all’oblio trova un bilanciamento nella tutela di altri interessi fondamentali e meritevoli della stessa tutela (quali l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione) e vive degli interventi della giurisprudenza che continuano a definirne l’ambito di applicazione. Da ultimo, la sentenza n. 20861 della Cassazione civile , sez. I , 21/07/2021, impone, ai fini di una rituale domanda di deindiciazzazione, la precisa individuazione dei risultati dei motori di ricerca di cui si chiede la rimozione.
La tutela della privacy e della web reputaion è senza dubbio uno degli obiettivi principali della più recente normativa, come dimostrato anche dall’approvazione del decreto legislativo 8 novembre 2021 n. 188, in tema di “presunzione di innocenza”. Il D.lgs dispone che nel caso di comunicazioni informative ai media da parte delle Procure, esse dovranno avvenire solo tramite comunicati stampa istituzionali, o conferenze stampa, e solo nel caso in cui la diffusione di tali informazioni sia strettamente connessa e necessaria alle indagini e legata a rilevanti ragioni di interesse pubblico e, comunque, sempre con un linguaggio che non induca a “colpevolizzare” il soggetto indagato.
Irma Conti
(Dipartimento Comunicazione COA ROMA, Andrea Pontecorvo)
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