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2022-11-15

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Il Discorso del Presidente Paolo Nesta all’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2025

Il Discorso del Presidente Paolo Nesta all’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2025

CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2025 PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI ROMA INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL COA DI ROMA PAOLO NESTA "Sig. Presidente della Corte, Sig. Procuratore Generale, Autorità tutte presenti, Care Colleghe e Colleghi, intervengo alla cerimonia distrettuale di inaugurazione dell’anno giudiziario 2025, quale rappresentante dell’Avvocatura romana e distrettuale, nella consapevolezza che l’inaugurazione dell’anno giudiziario è un’occasione importante per fare un bilancio sull’andamento della Giustizia in Italia e per rinnovare il nostro impegno in favore di una giustizia efficiente, equa e vicina ai cittadini. - La Riforma Cartabia, di cui al DLGS 150/2022, ha perseguito la finalità, come è noto, di accelerare i tempi dei processi mediante la semplificazione delle procedure e la modernizzazione del sistema giudiziario italiano, nel settore civile e in quello penale. Ebbene questo obiettivo, in particolare con riferimento al settore civile, non appare essere stato conseguito, tenuto conto dell’attuale durata effettiva dei giudizi e del c.d. disposition time. Il dato, che emerge al riguardo, è l’aumento della durata media effettiva dei procedimenti civili in Tribunale, 460 giorni nel 2023, in crescita rispetto ai 433 giorni del 2022, e 466 giorni al 30 giugno 2024 con prevedibile aumento nel secondo semestre del 2024, tenuto conto del periodo feriale e del conseguente rallentamento delle attività. Va rilevato, però, che l’arretrato è in calo, atteso che i procedimenti, pendenti in Tribunale da oltre tre anni, alla fine del 2023 erano 254158, con una riduzione del 17% rispetto al 2022 e del 21,8% rispetto al 2021. Parimenti, nell’ambito della Corte d’Appello di Roma l’arretrato ultra biennale, ponendo a raffronto i dati del 2020 con quelli dell’anno 2023, risulta diminuito da 23.306 a 17.246 procedimenti nel settore civile (meno 32%) e da 32.630 a 30.312 procedimenti nel settore penale (meno 7,6%), con significativa riduzione, peraltro, dei procedimenti definiti per intervenuta prescrizione, pari al 53,22% nell’anno 2020 ed al 34,6% nel 2023. In presenza di tale situazione di criticità è entrato in vigore recentemente il DLGS n. 164/2024, noto come correttivo della Riforma Cartabia, con l’intento di perfezionare e chiarire alcuni aspetti della precedente Riforma e, quindi, di rendere le procedure più snelle, così garantendo una migliore funzionalità del processo civile. - Pur nell’apprezzamento dello sforzo di migliorare l’efficienza del processo civile, non può essere sottaciuto che le riforme del processo non sono sufficienti per risolvere il problema del carico processuale e della sollecita definizione dei procedimenti, se non si pone rimedio a quello che è il vero “vulnus”, ossia la carenza di strutture e soprattutto di organico dei Giudici e del personale amministrativo, che si protrae, ormai, da decenni e che è andato sempre più accentuandosi. Tale carenza, avvertita in quasi tutti i Distretti giudiziari italiani, assume aspetti di particolare gravità nel distretto della Corte d’Appello di Roma, dove i Giudici e gli Avvocati sono chiamati ad operare in una realtà territoriale, straordinaria per dimensioni e popolazione, con risorse insufficienti se rapportate alla mole dei procedimenti pendenti. - Parimenti inaccettabile è la situazione degli Uffici del Giudice di Pace del Distretto del Lazio e soprattutto di Roma, dove esiste una scopertura dell’organico dei Giudici, in misura superiore al 72%, essendo stati in servizio, nel 2024, 56 Giudici sui 210 previsti, a fronte di una pendenza, su base annua, nel settore civile di oltre 33 mila ricorsi per decreto ingiuntivo e di 29 mila cause tra ordinarie e opposizioni a sanzioni amministrative, trattate da soli 41 Giudici assegnati al settore civile e con ugual situazione deficitaria nel settore penale. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, negli scorsi mesi, è intervenuto per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle Autorità, lamentando non solo l’inaccettabile ritardo nella trattazione dei giudizi, ma anche evidenziando che l’ulteriore aumento di competenza del Giudice di Pace, previsto nell’anno 2025, avrebbe reso la situazione insostenibile, tenuto conto anche della grave carenza del personale amministrativo. In tale contesto abbiamo proposto alle Autorità ministeriali e al CSM soluzioni concrete, che prevedevano l’immediata immissione nelle funzioni giudicanti dei Giudici Onorari di Pace, già vincitori del concorso ed assegnati per un biennio all’Ufficio per il Processo del Tribunale. Prendiamo atto che un primo passo è stato fatto in quanto il Ministro della Giustizia con decreto legge 29 novembre 2024 n. 178 ha ridotto ad un anno l’assegnazione dei Giudici di Pace all’Ufficio per il Processo e a tal riguardo va sottolineata la tempestività con la quale il Presidente FF del Tribunale di Roma, subito dopo l’intervenuta modifica legislativa, ha disposto, in data 12.12.2024, l’immediata assegnazione di 16 Giudici presso gli Uffici del Giudice di Pace di Roma. - Uno dei capisaldi della Riforma Cartabia è la digitalizzazione del processo civile, certamente utile e in linea con l’evoluzione tecnologica, ma che, però, non deve andare a scapito della certezza del diritto, del giusto processo e della tutela delle garanzie difensive, con particolare riferimento al contraddittorio e all’oralità del processo, significativamente necessaria e, in taluni casi, indispensabile per realizzare il concetto di Giustizia. Purtroppo dobbiamo constatare l’esistenza di ostacoli legata alla mancata formazione del personale, all’inadeguata ed insufficiente manutenzione del sistema informatico esistente, che incide negativamente sul regolare funzionamento della Giustizia, creando situazioni di grave disagio agli operatori e agli Avvocati, nell’espletamento della loro attività. Difficoltà accentuata, per gli Avvocati, dalla mancata realizzazione di un'unica piattaforma, pur reiteratamente richiesta dall’Avvocatura e ribadita da una proposta di legge giacente in Parlamento, con identiche regole per tutti i riti, così da superare i sette distinti canali di deposito e di consultazione, oggi esistenti. - Siamo consapevoli che l’incremento degli organici dei Giudici e del personale amministrativo, unitamente al rinnovamento e all’efficace manutenzione delle piattaforme digitali, comportano un costo rilevante per lo Stato che deve farsi carico delle esigenze di bilancio, in funzione di altri servizi pubblici essenziali da assicurare alla cittadinanza. Dobbiamo osservare, però, che la Giurisdizione è una funzione primaria dello Stato e, quindi, deve poter fruire delle necessarie risorse economiche da porre a carico del sistema fiscale. Risorse economiche, peraltro, di non scarsa entità, tenuto conto del rilevante gettito derivante dalla Giurisdizione, in particolare dal contributo unificato e dall’imposta di registro applicata sui provvedimenti giudiziari. - Né può essere condivisa la recente novità normativa, introdotta dalla Legge di Bilancio 2025, che ha previsto l’aggiunta del comma 3.1 all’art. 14 del DPR 30.05.2012, recante il Testo Unico sulle spese di Giustizia, con la prevista impossibilità di iscrivere a ruolo le cause civili, salvi i casi di esenzione, qualora non sia effettuato il pagamento di almeno € 43,00. L’introduzione di tale pagamento, come peraltro accaduto nel corso degli ultimi anni con l’abnorme aumento del contributo unificato, limita l’accesso alla giustizia civile dei soggetti più deboli, economicamente e socialmente, in violazione del principio, costituzionalmente riconosciuto, che l’accesso alla Giustizia deve essere consentito a tutti, avendo consapevolezza che il problema del carico processuale non si risolve rendendo più difficoltoso o discriminando l’accesso alla Giustizia o comprimendo i diritti della Difesa. La Giustizia è un diritto universale e non un privilegio riservato a chi può permetterselo. - Parimenti nel settore penale la riforma Cartabia ha perseguito l’obiettivo di accelerare la definizione dei processi e di ridurre il numero dei procedimenti pendenti limitando, però, in taluni casi, l’effettività del diritto di difesa e dei valori del giusto processo nel nome di una pretesa efficienza e velocizzazione dei processi, come se il diritto di difesa fosse un ostacolo alla loro rapida conclusione, tale da giustificare sia la compressione dell’autonomo potere di impugnazione del difensore in danno dei soggetti più deboli, sia la previsione di nuove ipotesi di decadenza e d’inammissibilità legate ad aspetti puramente tecnici (errori nei depositi telematici o meramente formali come nei giudizi di impugnazione). Al riguardo è fortemente avvertita dall’Avvocatura l’esigenza di procedere, in tempi brevi, alla eliminazione di tutte quelle norme della riforma Cartabia che hanno limitato il diritto di difesa, così da ricostituire l’identità ed il ruolo costituzionalmente riconosciuto al difensore. La funzione giurisdizionale non può essere esercitata correttamente, secondo i dettami della Costituzione, se nell’esercizio di tale funzione non viene garantita l’effettività del diritto di difesa ed ogni sua ingiustificata limitazione viola i principi di legalità e democrazia, che costituiscono l’essenza dello Stato di diritto. L’Avvocatura è pronta a tutelare tali indefettibili e non negoziabili principi, sensibilizzando la società civile, i politici e gli organi di informazione, anche per ridurre significativamente la distanza esistente tra la cultura costituzionale dei diritti e la cultura sociale dominante, spesso orientata verso una deriva così giustizialista da identificare il difensore come complice del criminale o, ancor peggio, come difensore del crimine. E’ necessario diffondere la cultura del garantismo e far comprendere all’opinione pubblica che ogni cittadino, anche se accusato di efferati delitti, ha diritto alla difesa, che non deve essere in alcun modo limitata né tantomeno demonizzata. - Esprimiamo, altresì, la più profonda preoccupazione e lo sconcerto per le condizioni nelle quali continuano a vivere i detenuti nelle carceri italiane, senza che nessuno ascolti i continui appelli al rispetto dei diritti fondamentali delle persone in stato di detenzione. Carceri fatiscenti, sovraffollamento, condizioni degradate di vita anche per il personale di polizia penitenziaria, che hanno determinato, nel 2024, 88 suicidi tra i detenuti e anche suicidi tra il personale penitenziario. Di fronte a questa situazione drammatica, richiamata recentemente dallo stesso Presidente della Repubblica, è indispensabile intervenire senza preconcetti ideologici o visioni di parte, operando nel rispetto dell’art. 27 della Costituzione, il quale sancisce che le pene non debbono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere, invece, alla rieducazione del condannato. - Una questione cruciale e di attualità è la separazione delle carriere tra il Pubblico Ministero ed il Giudice. Al riguardo è necessario, nell’interesse primario dei cittadini, che sia evitata, pur nella diversità delle posizioni, una improduttiva e rigida contrapposizione tra i poteri dello Stato ed in tal senso l’Avvocatura è pronta ad impegnarsi, nei modi consentiti e nelle sedi opportune, per superare la grave conflittualità esistente. Va ribadito, però, il principio secondo cui il processo accusatorio richiede un Giudice terzo e imparziale rispetto al Pubblico Ministero e al Difensore nell’ambito di un contraddittorio che si deve svolgere, in attuazione dell’articolo 111, comma 2, della Costituzione, in condizioni di parità tra accusa e difesa, da intendersi non come uguaglianza di poteri tra PM e Difensori, ma come riconoscimento alla Difesa di poteri idonei a controbilanciare quelli spettanti al PM, il che vuol dire tutela assoluta e rafforzamento delle garanzie difensive per realizzare un effettivo contraddittorio. Il Giudice non solo deve essere ma anche apparire terzo e imparziale nella percezione dei cittadini e l’unicità della carriera tra Giudice e Pubblico Ministero, il fatto di provenire dallo stesso concorso, la possibilità del passaggio da una funzione all’altra, sia pure con i limiti introdotti, si rivelano fattori che incidono negativamente su tale percezione. Parità delle parti da attuare, sia ben chiaro, garantendo in modo assoluto l’autonomia e l’indipendenza del Pubblico Ministero, escludendo ogni controllo dell’esecutivo. Ciò in quanto ciascuno dei poteri dello Stato -legislativo, esecutivo e giudiziario- nessuno escluso, è tenuto a rispettare concretamente ed in ogni circostanza il principio della separazione dei poteri, evitando di porre in essere condotte che vadano a violare tale fondamentale principio, espressione della democrazia dello Stato e della volontà dei cittadini. Proprio l’esigenza di garantire l’effettività dell’autonomia, indipendenza ed obiettività, esige che il Pubblico Ministero nell’esercizio dell’azione penale sia immune da condizionamenti, specialmente di carattere politico, non spettando al Pubblico Ministero e nemmeno ai Giudici la risoluzione dei problemi sociali né una valutazione di carattere etico dei politici, avendo la Magistratura soltanto il compito di accertare, nel processo penale, la sussistenza o meno di fattispecie di reato nella condotta posta in essere dai soggetti in esso coinvolti. - Lo scorso anno, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ci eravamo soffermati sul ruolo, sempre più importante, che stava assumendo l’Intelligenza Artificiale, anche nell’ambito della Giustizia. A distanza di un anno constatiamo che siamo in una fase di costante evoluzione e di profonda trasformazione, in cui le tecnologie intelligenti cambieranno sempre più il volto del settore legale. Realisticamente siamo di fronte ad una nuova stagione dell’umanità e l’IA, con riferimento specifico alla Giustizia, costituirà un importante strumento per definire in tempi ragionevolmente brevi i processi, così da consentire l’attuazione del principio sancito dall’art. 111 della Costituzione. L’IA potrà costituire un importante banca dati, utile per la ricerca di filoni giurisprudenziali e per individuare gli orientamenti delle Corti e dei Tribunali territoriali, così da evitare inutili e costose vertenze giudiziarie. Sarà certamente utile per essere superiore all’uomo per quanto concerne la capacità di memoria, il lavoro ininterrotto, l’esclusione della incompetenza e della arbitrarietà, ma, come rilevato dalla Commissione Europea per l’efficienza della Giustizia, l’Intelligenza Artificiale, ossia la macchina, non è in grado: di sostituirsi all’essere umano nell’effettuazione di un ragionamento giuridico, men che meno di carattere sillogistico; nella scelta e nella interpretazione dei fatti rilevanti ai fini del decidere; non ha coscienza, intuizione, sensibilità, capacità di pensiero e di adattamento ad un fatto imprevedibile. Si basa, infatti, soltanto su precedenti contenuti in un software progettato senza alcuna garanzia di oggettività e competenza, oppure orientato a piacimento di chi lo ha creato. Sarà compito degli operatori del diritto, Avvocati e Giudici, approfondire i meccanismi specifici del settore tecnico – informatico, così da capire in che modo gli stessi possano essere messi a disposizione della collettività per conseguire benefici nel settore della Giustizia, compatibilmente con il rispetto dei principi della Costituzione. - In un’epoca che vede l’accentuarsi delle disuguaglianze e l’acuirsi dei conflitti, gli Avvocati, quali garanti della legalità e difensori dei diritti, memori che il Diritto come diceva Ulpiano, è “l’arte del buono e dell’equo”, ribadiscono l’impegno a tutelare con umanità e senso del dovere, i diritti fondamentali dell’uomo, difendendo la centralità della persona in tutte le sue dimensioni -dignità, libertà, uguaglianza- con particolare riferimento alle fasce più deboli della popolazione. Il nostro impegno non si esaurisce nell’aula di un Tribunale, ma intendiamo contribuire alla realizzazione di una società più giusta, dove i diritti fondamentali siano effettivamente garantiti a tutti, senza eccezioni. Pertanto, ad ogni componente rappresentativa dell’Avvocatura, istituzionale e politica, deve essere attribuito sempre il giusto riconoscimento ed adeguato rispetto e non è accettabile che il loro valore rappresentativo, ex lege previsto, sia sminuito e marginalizzato, come purtroppo accaduto recentemente, con provvedimenti inopportuni e, peraltro, privi di adeguata motivazione, che vanno ad incidere negativamente - non per fatto imputabile all’Avvocatura - sul rapporto esistente tra soggetti indispensabili per una corretta amministrazione della Giustizia. La Speranza ha due figli, diceva Sant’Agostino: il primo è l’Indignazione, il secondo è il Coraggio. L’indignazione serve per farci capire ciò che non ci piace, ciò che non riusciamo più a tollerare ed il coraggio serve per cambiare ciò che non ci piace. Ebbene, noi Avvocati nell’ambito di una collaborazione costruttiva con le Istituzioni e la Magistratura, basata sul rispetto reciproco e condivisione di obiettivi comuni, coltiviamo la Speranza che anche con il nostro determinante contributo in Italia si realizzi una Giustizia pronta ed efficiente, in grado di rispondere alle esigenze reali della società, così divenendo un presidio di legalità e uno strumento di pace sociale. Con tale auspicio, a nome dell’Avvocatura romana e di quella del Distretto della Corte d’Appello di Roma, porgo al Presidente della Corte, al Procuratore Generale e a tutti gli operatori della Giustizia, i migliori auguri di buon lavoro." Roma, 25.01.2025

NUOVI PARAMETRI FORENSI, PREVENTIVO E CONTRATTO

NUOVI PARAMETRI FORENSI, PREVENTIVO E CONTRATTO

NUOVI PARAMETRI FORENSI, PREVENTIVO E CONTRATTOdi Paolo VotaggioDopo quasi quattro anni sono stati finalmente pubblicati in Gazzetta Ufficiale (n. 236/8.10.2022) i nuovi parametri forensi (fermi al DM 37/2018). Il decreto è entrato in vigore il 23.10.2022.La procedura di aggiornamento - prevista ogni due anni dall?art. 13 comma 6 della L. 31 dicembre 2012 n. 247 - ha avuto un iter assai laborioso. Il Consiglio Nazionale Forense, solo nel febbraio 2022 ha completato la procedura per l?aggiornamento inviando la sua proposta al Ministro della Giustizia. Dopo l?approvazione da parte del Ministro, il parere favorevole del Consiglio di Stato, il parere favorevole della Ragioneria generale dello Stato e successivo parere favorevole delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, è stato emanato il D.M. n. 147 del 2022.Le novità, rispetto al DM 55/2014, non sono poche e per qualche verso sono assai significative colmando alcuni vuoti con l?inserimento di nuove voci finora non regolamentate.Sono stati aggiornati i parametri forensi al costo della vita e introdotte alcune novità positive per l?Avvocatura, in particolare; la riduzione del margine di discrezionalità del giudice nella liquidazione dei compensi; nuove tabelle per le procedure concorsuali; quantificazione di tariffa oraria; rivisitazione delle tariffe per giudizi penali e amministrativi; un?unica percentuale del 50% per regolare aumenti e diminuzioni dei valori medi; incentivi per la soluzione conciliativa delle controversie in sede stragiudiziale; penalità sui compensi per liti temerarie.Nell?art. 2233 c.c. troviamo l?ordine di preferenza riguardo ai criteri di liquidazione dei compensi: 1. accordo tra le parti; 2. parametri forensi; 3. provvedimento del giudice, sentito il parere dell?associazione professionale a cui l?avvocato appartiene.Nell?ottica dell?accordo tra le parti speciale importanza assumono Il preventivo ed il contratto con il cliente.Il preventivo, all?atto della sua introduzione, è stato accolto con fastidio dall?avvocatura a motivo della comprensibile difficoltà di non riuscire a prevedere la durata del processo e l?esatta quantità delle prestazioni.Tuttavia, Il passaggio dall?analitica esposizione di diritti ed onorari, prevista dalle abolite tariffe forensi agli attuali parametri forensi, che scandiscono le prestazioni ?a fasi?, ha sicuramente semplificato la predisposizione del preventivo, aiutando gli avvocati a superare l?avversione alla redazione di un preventivo, che se ben fatto - ancor più se tagliato a misura dell?assistito e da questi sottoscritto ? può agevolare non poco l?ottenimento del corrispettivo.La previsione di un pagamento dilazionato ?cucito su misura per il cliente? o di più pagamenti all?inizio o al termine di ogni singola fase possono aiutare a scongiurare il mancato pagamento delle proprie prestazioni, legittimando la rinuncia al mandato nel caso di inadempimento dell?assistito.Un contratto che preveda l?entità del pagamento ed indichi le scadenze, insieme ad una buona clausola di salvaguardia per la revisione dell?accordo, rendono più facile l?eventuale attività di recupero del credito.E? bene ricordare che il preventivo da qualche anno è obbligatorio. La legge n. 124/2017, ha infatti abrogato l?articolo contenuto nella legge professionale che prevedeva il preventivo solo se richiesto dal cliente. Con tale abrogazione l?avvocato deve rilasciare, in tutti i casi, il preventivo al cliente per agevolare la massima trasparenza nel rapporto tra il cliente e il proprio legale, evitando sorprese spiacevoli all?atto della quantificazione delle spese legali.Il CNF ha messo a disposizione vari facsimile (cliccare qui).Non esiste una norma che stabilisca quali siano le conseguenze per la mancata comunicazione di un preventivo scritto al cliente. La Corte di Cassazione, ha sopperito a tale mancanza, esprimendosi in diverse occasioni sul tema; tuttavia, ad oggi, l?orientamento interpretativo non è univoco.Un orientamento asserisce che l?assenza di preventivo scritto determinerebbe l?invalidità del rapporto professionale tra cliente e avvocato con conseguente diritto del cliente di ottenere la restituzione delle spese legali versate. Altra interpretazione, sicuramente preferibile, sancisce, al contrario, che il contratto, in assenza del preventivo, non incide sulla validità ed efficacia del rapporto.Il CNF ha fornito una lettura più vicina al secondo orientamento della Corte affermando che, se manca il preventivo, il contratto rimane valido ma la quantificazione dei compensi professionali in caso di controversia è demandata al giudice secondo i parametri forensi del DM vigente.Va però tenuto a mente che la violazione dell?obbligo di fornire il preventivo al cliente può determinare una violazione deontologica dell?avvocato con conseguente procedimento disciplinare a suo carico per avere violato l?obbligo di trasparenza e buona fede che il professionista deve assicurare all?interno del rapporto con il proprio cliente.Infine è opportuno, precisare che l?accordo scritto tra le parti, sancito con un contratto, preceduto da un preventivo scritto approvato dal cliente, può consentire una misura dei compensi anche superiore ai massimi previsti dai parametri forensi purchè si rispetti il principio di proporzionalità sancito dal comma 2 dell?art. 2233 c.c. ossia che i compensi siano sempre proporzionati ?all?importanza dell?opera e al decoro della professione?.Cons. Avv. Paolo VoltaggioDipartimento Comunicazione, Cons. Avv. Andrea Pontecorvo

Cassazione: Sì alla ripetibilità dell?assegno di separazione e di divorzio

Cassazione: Sì alla ripetibilità dell?assegno di separazione e di divorzio

Cassazione: Sì alla ripetibilità dell?assegno di separazione e di divorziodi Lucilla AnastasioCon sentenza n. 32914 pubblicata in data 8/11/2022, le Sezioni Unite della Cassazione hanno sancito il principio, oggetto di studio approfondito nel tempo, secondo il quale l?assegno di separazione e/o divorzio versato all?ex coniuge può essere ripetibile, ?ab initio? qualora non vi siano i presupposti per ottenere il diritto al mantenimento, quali lo ?stato di bisogno? o l?addebito.Gli Ermellini hanno affermato che non prevedendo l?ordinamento ?una disposizione che sul piano sostanziale, sancisca l?irripetibilità dell?assegno, propriamente alimentare, provvisoriamente disposto a favore dell?alimentando? e neanche in ordine ai contributi economici disposti con i provvedimenti presidenziali, ?non si tratterebbe di sancire l?obbligo di restituzione di quanto percepito a titolo strettamente alimentare, ma di restituire somme di denaro sulla base di un supposto ed inesistente diritto al mantenimento?.La questione prende le mosse da un ricorso presentato da una donna che era stata condannata dalla Corte di Appello di Roma alla restituzione delle somme percepite dall?ex marito. La Corte, infatti, nel decidere su un assegno di mantenimento e divorzile aveva stabilito che ?sin dalla richiesta di modifica delle condizioni della separazione non sussistevano i presupposti per il riconoscimento di un contributo al mantenimento?, revocando, in tal modo, i provvedimenti provvisori adottati in primo grado e condannando la ex moglie alla restituzione delle somme già percepite. La condannata alla restituzione si rivolgeva, quindi, alla Suprema Corte proponendo ricorso anche sulla base della falsa applicazione degli artt. 156 e 445 c.c. ?stante la natura alimentare dell?assegno di mantenimento?.In definitiva, le Sezioni Unite su sollecitazione della Prima Sezione civile della Cassazione hanno chiarito che, ferma restando ?una valutazione personalizzata? da parte del giudice di merito e considerata, altresì, ?la situazione personale e sociale del coniuge debole, le ragionevoli aspettative di tenore di vita ingenerate dal rapporto matrimoniale ovvero di non autosufficienza economica?, occorre distinguere se opera o meno la ?conditio indebiti?, ossia la regola generale della piena ripetibilità delle prestazioni economiche già effettuate ove si accerti l?insussistenza ?ab origine? dei presupposti per l?assegno di mantenimento o divorzile, ovvero se la prestazione è da ritenersi irripetibile, laddove sia intervenuta una rivalutazione o rimodulazione al ribasso -purché sempre in relazione a somme di modesta entità- alla luce del principio di solidarietà post-familiare in quanto presuntivamente consumate per le esigenze del soggetto più debole economicamente. Al di fuori di questa seconda ipotesi, in presenza di una modifica con effetto ex tunc, dei provvedimenti economici tra coniugi o ex coniugi, opera la regola generale della ?ripetibilità?.Si tratta, dunque, di un principio forte che cambia radicalmente l?orientamento giurisprudenziale che già da qualche anno si andava affermando nelle varie Corti di merito.LEGGI QUI LA SENTENZA 32914 pubblicata in data 8 novembre 2022Cons. Avv. Lucilla AnastasioDipartimento Comunicazione, Cons. Avv. Andrea Pontecorvo

Diritti: anima e principio della missione degli Avvocati

Diritti: anima e principio della missione degli Avvocati

Diritti: anima e principio della missione degli AvvocatiLa necessità del riconoscimento della figura dell?avvocato in Costituzionedi Carla CanaleIl CNF nelle sue sentenze ci ricorda sovente che l?avvocato esercita funzioni a garanzia del corretto esercizio della professione legale non solo nell?interesse delle parti assistite, ma anche dei terzi e della collettività, a garanzia del corretto esercizio della giurisdizione e dei principi dello Stato di diritto (ex prulimis, Consiglio Nazionale Forense, pres. Mascherin, rel. Marullo di Condojanni), sentenza del 10 maggio 2017, n. 56).Il concetto della responsabilità sociale dell?avvocato si basa sostanzialmente sulla constatazione che quella forense non è solo una libera professione in cui il soggetto professionista offre le proprie attività di rappresentanza e difensiva al servizio del proprio cliente, ma implica anche il dato essenziale della funzione di rilievo pubblicistico che l?avvocato riveste.La tutela dei diritti ? e a maggior ragione ? la tutela dei diritti umani è uno dei doveri essenziali dell?avvocato; la storia della Avvocatura, le vicende che ne hanno contrassegnato la vita spesso tumultuosa e aspra, le occasioni congressuali, documentano come la nostra categoria non abbia mai abdicato al suo ruolo di custode della legalità e dei diritti dei cittadini. Ed in ciò sta la sua forza e la sua nobiltà: costituire uno dei cardini dello Stato di diritto, alimentare la difesa giudiziale dei diritti, proporre soluzioni equilibrate di composizione delle liti e sostenere il sistema economico con l?attività stragiudizialeGli avvocati ? recita la Risoluzione del 27.11.2004 del CCBE, l?organismo rappresentativo degli avvocati europei ? sono i custodi dei diritti umani fondamentali e delle libertà, così come dello Stato di diritto. Questo principio è stato ribadito dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 23.3.2006 in cui si riconosce proprio all?Avvocatura una specialità di status, che trae origine non da privilegi corporativi ma dalla sua funzione difensiva.Non solo la tutela, dunque, ma l?essenza stessa dei diritti fondamentali riposa sulla funzione dell?Avvocatura. È una funzione sociale, prima ancora che processuale, una funzione ?politica? ? nel senso alto della parola ? congiunta alla sua funzione istituzionale.La stretta connessione tra diritto e azione, che ci proviene dalla bimillenaria tradizione romanistica, coinvolge il ruolo dell?avvocato che rende consapevole il suo assistito dei suoi diritti e si adopera per ricorrere agli appropriati rimedi al fine di difenderli.Ancor più pregnante è il disposto dell?art. 1 del Codice Deontologico italiano, che recita:1 - L?avvocato tutela, in ogni sede, il diritto alla libertà, l?inviolabilità e l?effettività della difesa, assicurando, nel processo, la regolarità del giudizio e del contraddittorio.2 - L?avvocato, nell?esercizio del suo ministero, vigila sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione e dell?Ordinamento dell?Unione Europea e sul rispetto dei medesimi principi, nonché di quelli della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell?uomo e delle libertà fondamentali, a tutela e nell?interesse della parte assistita.3 - Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela dell?af?damento della collettività e della clientela, della correttezza dei comportamenti, della qualità ed ef?cacia della prestazione professionale. Appare, così, evidente che la funzione dell?avvocato impone vari doveri e obblighi (a volte, apparentemente, tra loro contraddittori), verso:? il cliente;? i giudici e le altre autorità innanzi alle quali l?avvocato assiste o rappresenta il cliente; ? l?avvocatura in generale e ogni collega in particolare;? il pubblico, per il quale una professione liberale e indipendente, legata al rispetto delle regole che essa stessa si è data, rappresenta uno strumento fondamentale per la salvaguardia dei diritti dell?uomo nei con-fronti dello Stato e degli altri poteri nella società.Altro speci?co riferimento alla ?responsabilità sociale? si trova poi ? e con chiarezza ? all?interno del codice deontologico forense all?art. 23, rispettivamente ai commi 4, 5 e 6: questa norma sottintende che il comportamento dell?avvocato deve sempre essere corretto e leale e non può consentire che la propria professionalità sia al servizio di attività illecite.La nostra professione ha, quindi, un ruolo sociale dove l?avvocato è ?guardiano? dei principi fondamentali della civiltà giuridica, garante del rispetto dei diritti umani fondamentali, costituzionale baluardo della democrazia, sino a giungere a postularne l?imprescindibilità del suo riconoscimento in seno alla Costituzione.In questo senso un importante passo in avanti sarebbe ottenere la riforma e l?introduzione dell?Avvocato in Costituzione, argomento che da diversi anni è sul tavolo delle riforme ma non riesce a trovare un reale sbocco insieme all?altra tematica importante per la dignità della nostra professione e che riguarda l?equo compenso.Come è stato sempre sostenuto dal Cnf, il riconoscimento del rilievo costituzionale, della libertà e indipendenza dell?avvocato, sarebbe un contrafforte capace di consolidare ancor di più la stessa autonomia e indipendenza della magistratura.Si tratterebbe di un richiamo a una più intangibile dignità della funzione del difensore, che avrebbe riflessi, forse graduali ma inevitabili, innanzitutto sul piano dell?effettività del diritto di difesa e dunque della parità tra le parti nel processo.Il Disegno di legge n. 1199 sulla modifica Costituzionale dell?art. 111 e l?introduzione di princìpi inerenti la funzione e il ruolo dell?avvocato dell?avvocato in Costituzione, purtroppo, non ha avuto buon esito nella legislatura appena terminata, così come quello dell?equo compenso.Una riforma del genere sancirebbe anche il ritrovato equilibrio fra i poteri e una rinnovata fiducia nelle istituzioni, nel sistema giudiziario innanzitutto.Suggellerebbe una riscoperta della centralità delle garanzie, di cui gli avvocati sono custodi.Partecipare all?attività del nostro Paese a tutto tondo, contribuire al suo sviluppo, aiutare e supportare i più deboli e coloro che non hanno avuto la possibilità di avere conoscenze necessarie per tutelare i propri diritti è un nostro dovere da svolgere con passione, ma anche un elemento proprio e caratterizzante della nostra professione e come tale va tutelato.Cons. Avv. Carla CanaleDipartimento Comunicazione, Cons. Avv. Andrea Pontecorvo

TUTELA DELL'EQUO COMPENSO: IL COA ROMA VINCE L'ENNESIMA BATTAGLIA STAVOLTA CONTRO IL COMUNE DI LACCO AMENO

TUTELA DELL'EQUO COMPENSO: IL COA ROMA VINCE L'ENNESIMA BATTAGLIA STAVOLTA CONTRO IL COMUNE DI LACCO AMENO

TUTELA DELL'EQUO COMPENSO: IL COA ROMA VINCE L'ENNESIMA BATTAGLIA STAVOLTA CONTRO IL COMUNE DI LACCO AMENOIl TAR Campania, Sezione Sesta, con sentenza 14 novembre 2022, n. 7037 (allegata), ha accolto integralmente il ricorso dell'Ordine capitolino contro il Comune di Lacco Ameno.Il Consiglio capitolino è stato rappresentato dal Collega Avv. Lorenzo Maria Cioccolini, cui vanno i nostri ringraziamenti e complimenti per l?appassionata, generosa e sapiente difesa dell?Ente.In particolare, il ricorso è stato ritenuto fondato sulla base di queste osservazioni:-           ?Per equo compenso infatti deve intendersi ? ai sensi del comma 2, dell?articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247, come modificato dal comma 1 dello stesso articolo 19-quaterdecies del d.l. n 148 ? un compenso ?proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, tenuto conto dei parametri previsti dal regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell'articolo 13, comma 6?; ciò non vuol dire che l?ente pubblico debba determinare il compenso in base ai parametri del D.M. n. 55 del 2014 ma che il compenso debba necessariamente essere ragguagliato al contenuto della prestazione, e in particolare all?impegno quali-quantitativo che essa richiede e implica, tenuto conto che il riferimento a un criterio di proporzionalità rispetto a qualità e quantità del lavoro si ritrova anche nell?articolo 36 C.; i compensi previsti dall?articolo 6 sono obiettivamente tali da ledere il ?principio dell?equo compenso? dato che risultano pressochè irrisori, anche se si ritenesse che la maggiorazione del 15% per spese generali non debba intendersi in essi compresa ma debba ad essi aggiungersi come sostenuto dal comune?; sul punto, il Giudice ha espressamente ritenuto persuasivo l?esempio di quantificazione che avevo formulato con il ricorso (attraverso il quale avevo illustrato il carattere irrisorio della quantificazione) e sulla base di questo ha concluso per la fondatezza del motivo;-           ?In definitiva gli atti impugnati sono anzitutto lesivi del principio dell?equo compenso, prevedendo corrispettivi per l?attività professionale completamente sganciati da una valutazione in concreto di qualità e quantità dell?impegno richiesto al professionista; in questa prospettiva risulta anche fondato il vizio di illogicità, dato che l?articolo 6 prevede un corrispettivo unico e fisso per categorie di contenziosi non solo accorpando tipi di giudizio diversi ma senza neppure prevedere la possibilità all?interno delle singole categorie di differenziare il corrispettivo in relazione al contenuto della prestazione (per esempio prevedendo limiti minimi e massimi)?.Al contrario, le difese comunali sono state ritenute infondate sulla base delle seguenti considerazioni, integralmente riprese dalla difesa dell'Ordine romano in sede di replica:-           ?Le argomentazioni difensive del comune sono d?altro lato infondate. La circostanza che il singolo professionista resti libero di valutare la convenienza dell?incarico e di rifiutarlo nel caso in cui ritenga non equo il compenso non rileva, dato che ciò non esclude la violazione dell?articolo 19-quaterdecies, comma 3, cioè la violazione dell?obbligo dell?amministrazione di garantire un compenso equo; in altri termini, la disposizione violata impone all?amministrazione di prevedere compensi equi e non consente la previsione di compensi non equi, anche se ? ovviamente ? il singolo professionista non è certo obbligato, ove inserito nell?elenco, a accettare l?incarico e quindi di beneficiare di un compenso non equo?-           ?Considerazioni mutatis mutandis analoghe valgono per le previsioni dell?avviso aventi a oggetto prestazioni non remunerate, qual è la previsione dell?obbligo di redigere un parere scritto sulla convenienza o meno della proposizione di impugnazioni o della resistenza a impugnazioni proposte dalle controparti e quella di procedere alla esazione delle spese legali poste a carico della controparte. Con riferimento a quest?ultima prestazione il comune ha obiettato che si tratta di una previsione legittima in quanto l?esazione è prevista in caso di spese liquidate in misura maggiore rispetto al compenso spettante in base all?avviso e l?avvocato ? una volta recuperate le somme ? le tratterebbe, così venendo remunerato per l?attività svolta; va osservato in contrario che il recupero delle spese ? potendo il debitore risultare incapiente ? costituisce una mera eventualità a fronte dello svolgimento dell?attività di esazione (che per sua natura può comportare ulteriori spese e sicuramente un impegno da parte del professionista); resta quindi confermata la previsione di prestazioni senza onere per il comune (e oggetto solo eventuale di una retribuzione oltretutto non quantificabile a priori, cioè al momento dell?accettazione dell?incarico)?. Sulla base delle suesposte ragioni, quindi, il ricorso è stato integralmente accolto, i provvedimenti impugnati sono stati annullati in parte qua e il Comune è stato condannato al rimborso delle spese di lite in Euro 3.000,00, oltre accessori (spese generali, IVA e CPA).La sentenza può essere impugnata in appello dinanzi al Consiglio di Stato.SCARICA QUI LA SENTENZADipartimento Comunicazione, Cons. Avv. Andrea Pontecorvo