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2022-04-07

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Il Discorso del Presidente Paolo Nesta all’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2025

Il Discorso del Presidente Paolo Nesta all’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2025

CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2025 PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI ROMA INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL COA DI ROMA PAOLO NESTA "Sig. Presidente della Corte, Sig. Procuratore Generale, Autorità tutte presenti, Care Colleghe e Colleghi, intervengo alla cerimonia distrettuale di inaugurazione dell’anno giudiziario 2025, quale rappresentante dell’Avvocatura romana e distrettuale, nella consapevolezza che l’inaugurazione dell’anno giudiziario è un’occasione importante per fare un bilancio sull’andamento della Giustizia in Italia e per rinnovare il nostro impegno in favore di una giustizia efficiente, equa e vicina ai cittadini. - La Riforma Cartabia, di cui al DLGS 150/2022, ha perseguito la finalità, come è noto, di accelerare i tempi dei processi mediante la semplificazione delle procedure e la modernizzazione del sistema giudiziario italiano, nel settore civile e in quello penale. Ebbene questo obiettivo, in particolare con riferimento al settore civile, non appare essere stato conseguito, tenuto conto dell’attuale durata effettiva dei giudizi e del c.d. disposition time. Il dato, che emerge al riguardo, è l’aumento della durata media effettiva dei procedimenti civili in Tribunale, 460 giorni nel 2023, in crescita rispetto ai 433 giorni del 2022, e 466 giorni al 30 giugno 2024 con prevedibile aumento nel secondo semestre del 2024, tenuto conto del periodo feriale e del conseguente rallentamento delle attività. Va rilevato, però, che l’arretrato è in calo, atteso che i procedimenti, pendenti in Tribunale da oltre tre anni, alla fine del 2023 erano 254158, con una riduzione del 17% rispetto al 2022 e del 21,8% rispetto al 2021. Parimenti, nell’ambito della Corte d’Appello di Roma l’arretrato ultra biennale, ponendo a raffronto i dati del 2020 con quelli dell’anno 2023, risulta diminuito da 23.306 a 17.246 procedimenti nel settore civile (meno 32%) e da 32.630 a 30.312 procedimenti nel settore penale (meno 7,6%), con significativa riduzione, peraltro, dei procedimenti definiti per intervenuta prescrizione, pari al 53,22% nell’anno 2020 ed al 34,6% nel 2023. In presenza di tale situazione di criticità è entrato in vigore recentemente il DLGS n. 164/2024, noto come correttivo della Riforma Cartabia, con l’intento di perfezionare e chiarire alcuni aspetti della precedente Riforma e, quindi, di rendere le procedure più snelle, così garantendo una migliore funzionalità del processo civile. - Pur nell’apprezzamento dello sforzo di migliorare l’efficienza del processo civile, non può essere sottaciuto che le riforme del processo non sono sufficienti per risolvere il problema del carico processuale e della sollecita definizione dei procedimenti, se non si pone rimedio a quello che è il vero “vulnus”, ossia la carenza di strutture e soprattutto di organico dei Giudici e del personale amministrativo, che si protrae, ormai, da decenni e che è andato sempre più accentuandosi. Tale carenza, avvertita in quasi tutti i Distretti giudiziari italiani, assume aspetti di particolare gravità nel distretto della Corte d’Appello di Roma, dove i Giudici e gli Avvocati sono chiamati ad operare in una realtà territoriale, straordinaria per dimensioni e popolazione, con risorse insufficienti se rapportate alla mole dei procedimenti pendenti. - Parimenti inaccettabile è la situazione degli Uffici del Giudice di Pace del Distretto del Lazio e soprattutto di Roma, dove esiste una scopertura dell’organico dei Giudici, in misura superiore al 72%, essendo stati in servizio, nel 2024, 56 Giudici sui 210 previsti, a fronte di una pendenza, su base annua, nel settore civile di oltre 33 mila ricorsi per decreto ingiuntivo e di 29 mila cause tra ordinarie e opposizioni a sanzioni amministrative, trattate da soli 41 Giudici assegnati al settore civile e con ugual situazione deficitaria nel settore penale. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, negli scorsi mesi, è intervenuto per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle Autorità, lamentando non solo l’inaccettabile ritardo nella trattazione dei giudizi, ma anche evidenziando che l’ulteriore aumento di competenza del Giudice di Pace, previsto nell’anno 2025, avrebbe reso la situazione insostenibile, tenuto conto anche della grave carenza del personale amministrativo. In tale contesto abbiamo proposto alle Autorità ministeriali e al CSM soluzioni concrete, che prevedevano l’immediata immissione nelle funzioni giudicanti dei Giudici Onorari di Pace, già vincitori del concorso ed assegnati per un biennio all’Ufficio per il Processo del Tribunale. Prendiamo atto che un primo passo è stato fatto in quanto il Ministro della Giustizia con decreto legge 29 novembre 2024 n. 178 ha ridotto ad un anno l’assegnazione dei Giudici di Pace all’Ufficio per il Processo e a tal riguardo va sottolineata la tempestività con la quale il Presidente FF del Tribunale di Roma, subito dopo l’intervenuta modifica legislativa, ha disposto, in data 12.12.2024, l’immediata assegnazione di 16 Giudici presso gli Uffici del Giudice di Pace di Roma. - Uno dei capisaldi della Riforma Cartabia è la digitalizzazione del processo civile, certamente utile e in linea con l’evoluzione tecnologica, ma che, però, non deve andare a scapito della certezza del diritto, del giusto processo e della tutela delle garanzie difensive, con particolare riferimento al contraddittorio e all’oralità del processo, significativamente necessaria e, in taluni casi, indispensabile per realizzare il concetto di Giustizia. Purtroppo dobbiamo constatare l’esistenza di ostacoli legata alla mancata formazione del personale, all’inadeguata ed insufficiente manutenzione del sistema informatico esistente, che incide negativamente sul regolare funzionamento della Giustizia, creando situazioni di grave disagio agli operatori e agli Avvocati, nell’espletamento della loro attività. Difficoltà accentuata, per gli Avvocati, dalla mancata realizzazione di un'unica piattaforma, pur reiteratamente richiesta dall’Avvocatura e ribadita da una proposta di legge giacente in Parlamento, con identiche regole per tutti i riti, così da superare i sette distinti canali di deposito e di consultazione, oggi esistenti. - Siamo consapevoli che l’incremento degli organici dei Giudici e del personale amministrativo, unitamente al rinnovamento e all’efficace manutenzione delle piattaforme digitali, comportano un costo rilevante per lo Stato che deve farsi carico delle esigenze di bilancio, in funzione di altri servizi pubblici essenziali da assicurare alla cittadinanza. Dobbiamo osservare, però, che la Giurisdizione è una funzione primaria dello Stato e, quindi, deve poter fruire delle necessarie risorse economiche da porre a carico del sistema fiscale. Risorse economiche, peraltro, di non scarsa entità, tenuto conto del rilevante gettito derivante dalla Giurisdizione, in particolare dal contributo unificato e dall’imposta di registro applicata sui provvedimenti giudiziari. - Né può essere condivisa la recente novità normativa, introdotta dalla Legge di Bilancio 2025, che ha previsto l’aggiunta del comma 3.1 all’art. 14 del DPR 30.05.2012, recante il Testo Unico sulle spese di Giustizia, con la prevista impossibilità di iscrivere a ruolo le cause civili, salvi i casi di esenzione, qualora non sia effettuato il pagamento di almeno € 43,00. L’introduzione di tale pagamento, come peraltro accaduto nel corso degli ultimi anni con l’abnorme aumento del contributo unificato, limita l’accesso alla giustizia civile dei soggetti più deboli, economicamente e socialmente, in violazione del principio, costituzionalmente riconosciuto, che l’accesso alla Giustizia deve essere consentito a tutti, avendo consapevolezza che il problema del carico processuale non si risolve rendendo più difficoltoso o discriminando l’accesso alla Giustizia o comprimendo i diritti della Difesa. La Giustizia è un diritto universale e non un privilegio riservato a chi può permetterselo. - Parimenti nel settore penale la riforma Cartabia ha perseguito l’obiettivo di accelerare la definizione dei processi e di ridurre il numero dei procedimenti pendenti limitando, però, in taluni casi, l’effettività del diritto di difesa e dei valori del giusto processo nel nome di una pretesa efficienza e velocizzazione dei processi, come se il diritto di difesa fosse un ostacolo alla loro rapida conclusione, tale da giustificare sia la compressione dell’autonomo potere di impugnazione del difensore in danno dei soggetti più deboli, sia la previsione di nuove ipotesi di decadenza e d’inammissibilità legate ad aspetti puramente tecnici (errori nei depositi telematici o meramente formali come nei giudizi di impugnazione). Al riguardo è fortemente avvertita dall’Avvocatura l’esigenza di procedere, in tempi brevi, alla eliminazione di tutte quelle norme della riforma Cartabia che hanno limitato il diritto di difesa, così da ricostituire l’identità ed il ruolo costituzionalmente riconosciuto al difensore. La funzione giurisdizionale non può essere esercitata correttamente, secondo i dettami della Costituzione, se nell’esercizio di tale funzione non viene garantita l’effettività del diritto di difesa ed ogni sua ingiustificata limitazione viola i principi di legalità e democrazia, che costituiscono l’essenza dello Stato di diritto. L’Avvocatura è pronta a tutelare tali indefettibili e non negoziabili principi, sensibilizzando la società civile, i politici e gli organi di informazione, anche per ridurre significativamente la distanza esistente tra la cultura costituzionale dei diritti e la cultura sociale dominante, spesso orientata verso una deriva così giustizialista da identificare il difensore come complice del criminale o, ancor peggio, come difensore del crimine. E’ necessario diffondere la cultura del garantismo e far comprendere all’opinione pubblica che ogni cittadino, anche se accusato di efferati delitti, ha diritto alla difesa, che non deve essere in alcun modo limitata né tantomeno demonizzata. - Esprimiamo, altresì, la più profonda preoccupazione e lo sconcerto per le condizioni nelle quali continuano a vivere i detenuti nelle carceri italiane, senza che nessuno ascolti i continui appelli al rispetto dei diritti fondamentali delle persone in stato di detenzione. Carceri fatiscenti, sovraffollamento, condizioni degradate di vita anche per il personale di polizia penitenziaria, che hanno determinato, nel 2024, 88 suicidi tra i detenuti e anche suicidi tra il personale penitenziario. Di fronte a questa situazione drammatica, richiamata recentemente dallo stesso Presidente della Repubblica, è indispensabile intervenire senza preconcetti ideologici o visioni di parte, operando nel rispetto dell’art. 27 della Costituzione, il quale sancisce che le pene non debbono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere, invece, alla rieducazione del condannato. - Una questione cruciale e di attualità è la separazione delle carriere tra il Pubblico Ministero ed il Giudice. Al riguardo è necessario, nell’interesse primario dei cittadini, che sia evitata, pur nella diversità delle posizioni, una improduttiva e rigida contrapposizione tra i poteri dello Stato ed in tal senso l’Avvocatura è pronta ad impegnarsi, nei modi consentiti e nelle sedi opportune, per superare la grave conflittualità esistente. Va ribadito, però, il principio secondo cui il processo accusatorio richiede un Giudice terzo e imparziale rispetto al Pubblico Ministero e al Difensore nell’ambito di un contraddittorio che si deve svolgere, in attuazione dell’articolo 111, comma 2, della Costituzione, in condizioni di parità tra accusa e difesa, da intendersi non come uguaglianza di poteri tra PM e Difensori, ma come riconoscimento alla Difesa di poteri idonei a controbilanciare quelli spettanti al PM, il che vuol dire tutela assoluta e rafforzamento delle garanzie difensive per realizzare un effettivo contraddittorio. Il Giudice non solo deve essere ma anche apparire terzo e imparziale nella percezione dei cittadini e l’unicità della carriera tra Giudice e Pubblico Ministero, il fatto di provenire dallo stesso concorso, la possibilità del passaggio da una funzione all’altra, sia pure con i limiti introdotti, si rivelano fattori che incidono negativamente su tale percezione. Parità delle parti da attuare, sia ben chiaro, garantendo in modo assoluto l’autonomia e l’indipendenza del Pubblico Ministero, escludendo ogni controllo dell’esecutivo. Ciò in quanto ciascuno dei poteri dello Stato -legislativo, esecutivo e giudiziario- nessuno escluso, è tenuto a rispettare concretamente ed in ogni circostanza il principio della separazione dei poteri, evitando di porre in essere condotte che vadano a violare tale fondamentale principio, espressione della democrazia dello Stato e della volontà dei cittadini. Proprio l’esigenza di garantire l’effettività dell’autonomia, indipendenza ed obiettività, esige che il Pubblico Ministero nell’esercizio dell’azione penale sia immune da condizionamenti, specialmente di carattere politico, non spettando al Pubblico Ministero e nemmeno ai Giudici la risoluzione dei problemi sociali né una valutazione di carattere etico dei politici, avendo la Magistratura soltanto il compito di accertare, nel processo penale, la sussistenza o meno di fattispecie di reato nella condotta posta in essere dai soggetti in esso coinvolti. - Lo scorso anno, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ci eravamo soffermati sul ruolo, sempre più importante, che stava assumendo l’Intelligenza Artificiale, anche nell’ambito della Giustizia. A distanza di un anno constatiamo che siamo in una fase di costante evoluzione e di profonda trasformazione, in cui le tecnologie intelligenti cambieranno sempre più il volto del settore legale. Realisticamente siamo di fronte ad una nuova stagione dell’umanità e l’IA, con riferimento specifico alla Giustizia, costituirà un importante strumento per definire in tempi ragionevolmente brevi i processi, così da consentire l’attuazione del principio sancito dall’art. 111 della Costituzione. L’IA potrà costituire un importante banca dati, utile per la ricerca di filoni giurisprudenziali e per individuare gli orientamenti delle Corti e dei Tribunali territoriali, così da evitare inutili e costose vertenze giudiziarie. Sarà certamente utile per essere superiore all’uomo per quanto concerne la capacità di memoria, il lavoro ininterrotto, l’esclusione della incompetenza e della arbitrarietà, ma, come rilevato dalla Commissione Europea per l’efficienza della Giustizia, l’Intelligenza Artificiale, ossia la macchina, non è in grado: di sostituirsi all’essere umano nell’effettuazione di un ragionamento giuridico, men che meno di carattere sillogistico; nella scelta e nella interpretazione dei fatti rilevanti ai fini del decidere; non ha coscienza, intuizione, sensibilità, capacità di pensiero e di adattamento ad un fatto imprevedibile. Si basa, infatti, soltanto su precedenti contenuti in un software progettato senza alcuna garanzia di oggettività e competenza, oppure orientato a piacimento di chi lo ha creato. Sarà compito degli operatori del diritto, Avvocati e Giudici, approfondire i meccanismi specifici del settore tecnico – informatico, così da capire in che modo gli stessi possano essere messi a disposizione della collettività per conseguire benefici nel settore della Giustizia, compatibilmente con il rispetto dei principi della Costituzione. - In un’epoca che vede l’accentuarsi delle disuguaglianze e l’acuirsi dei conflitti, gli Avvocati, quali garanti della legalità e difensori dei diritti, memori che il Diritto come diceva Ulpiano, è “l’arte del buono e dell’equo”, ribadiscono l’impegno a tutelare con umanità e senso del dovere, i diritti fondamentali dell’uomo, difendendo la centralità della persona in tutte le sue dimensioni -dignità, libertà, uguaglianza- con particolare riferimento alle fasce più deboli della popolazione. Il nostro impegno non si esaurisce nell’aula di un Tribunale, ma intendiamo contribuire alla realizzazione di una società più giusta, dove i diritti fondamentali siano effettivamente garantiti a tutti, senza eccezioni. Pertanto, ad ogni componente rappresentativa dell’Avvocatura, istituzionale e politica, deve essere attribuito sempre il giusto riconoscimento ed adeguato rispetto e non è accettabile che il loro valore rappresentativo, ex lege previsto, sia sminuito e marginalizzato, come purtroppo accaduto recentemente, con provvedimenti inopportuni e, peraltro, privi di adeguata motivazione, che vanno ad incidere negativamente - non per fatto imputabile all’Avvocatura - sul rapporto esistente tra soggetti indispensabili per una corretta amministrazione della Giustizia. La Speranza ha due figli, diceva Sant’Agostino: il primo è l’Indignazione, il secondo è il Coraggio. L’indignazione serve per farci capire ciò che non ci piace, ciò che non riusciamo più a tollerare ed il coraggio serve per cambiare ciò che non ci piace. Ebbene, noi Avvocati nell’ambito di una collaborazione costruttiva con le Istituzioni e la Magistratura, basata sul rispetto reciproco e condivisione di obiettivi comuni, coltiviamo la Speranza che anche con il nostro determinante contributo in Italia si realizzi una Giustizia pronta ed efficiente, in grado di rispondere alle esigenze reali della società, così divenendo un presidio di legalità e uno strumento di pace sociale. Con tale auspicio, a nome dell’Avvocatura romana e di quella del Distretto della Corte d’Appello di Roma, porgo al Presidente della Corte, al Procuratore Generale e a tutti gli operatori della Giustizia, i migliori auguri di buon lavoro." Roma, 25.01.2025

La notifica va eseguita sempre alla PEC del difensore - Cass. 9232/2022

La notifica va eseguita sempre alla PEC del difensore - Cass. 9232/2022

07.04.2022 - di Paolo VoltaggioLa digitalizzazione e, con essa, il domicilio digitale ha ormai completamente svuotato la domiciliazione presso l?Ufficio Giudiziario davanti al quale si procede e sancito la fine del c.d. tuziorismo che suggeriva comunque l?indicazione di una domiciliazione ?fisica? presso un Collega con studio presso l?Ufficio Giudiziario del procedimento.La Corte di Cassazione, sentenza n 9232 del 22 marzo 2022 , infatti, ha precisato che la notifica al nuovo procuratore - indicato anche come domiciliatario ma avente studio in luogo diverso rispetto a quello ove ha sede l?ufficio giudiziario dinanzi al quale si procede, sia idonea, in mancanza di una espressa revoca della domiciliazione, a valere come indicazione tacita di nuova domiciliazione - è effettuata validamente alla sua pec.Il ricorrente riteneva del tutto inefficace una domiciliazione se non effettuata in luogo coincidente con la sede dell?ufficio giudiziario adito. La Corte ha ritenuto invece tale tesi superata dalla evoluzione normativa.Rilevava il Procuratore generale che, a seguito della introduzione del domicilio digitale corrispondente all?indirizzo PEC che ciascun avvocato deve indicare al Consiglio dell?Ordine di appartenenza, la notificazione dell?atto (nella specie dell?appello) va eseguita all?indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal REGINDE anche ove non indicato negli atti del difensore medesimo (Cass. n. 14914 del 2018, Cass. n. 30139 del 2017, Cass. n. 17048 del 2017).La norma che introduce il domicilio digitale non solo depotenzia la rilevanza dell?elezione di domicilio fisico, la cui eventuale inefficacia (ad esempio per mutamento di indirizzo non comunicato) non consentirà la notificazione dell?atto in cancelleria ma la imporrà pur sempre e necessariamente alla PEC del difensore domiciliatario (salvo l?impossibilità di effettuare tale notificazione per causa al medesimo imputabile), ma al contempo svuota di efficacia prescrittiva anche l?articolo 82 del Regio decreto n. 37 del 1934 (laddove prevede, al secondo comma, che, in mancanza di elezione di domicilio nel luogo dove ha sede l?autorità giudiziaria presso la quale il giudizio e? in corso, questo si intende eletto presso la Cancelleria della stessa autorità giudiziaria).Infatti, stante l?attuale obbligo di notificazione degli atti giudiziari tramite PEC presso gli elenchi o registri normativamente indicati, il domicilio fisico potrà avere un rilievo unicamente residuale, in caso di mancata notificazione via PEC per causa imputabile al destinatario della stessa, quale localizzazione dell?ufficio giudiziario presso il quale operare la notificazione in cancelleria (Cass. n. 14914 del 2018: Cass.n. 14140 del 2019).Il principio così richiamato deve trovare certamente applicazione nei casi come quello in cui il destinatario della notificazione abbia omesso, dopo aver revocato il mandato al precedente difensore, di eleggere il domicilio nel Comune in cui ha sede l?ufficio giudiziario innanzi a cui pende la lite con la conseguente necessità di ricorrere alla notificazione presso il (nuovo) domicilio digitale del destinatario.Paolo Voltaggio(Dipartimento Comunicazione COA ROMA, Andrea Pontecorvo)

LAVORO AGILE E DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE: VERSO UNA DISCIPLINA EUROPEA?

LAVORO AGILE E DIRITTO ALLA DISCONNESSIONE: VERSO UNA DISCIPLINA EUROPEA?

07.04.2022 - di Cristina TamburroL?ampliamento del ricorso al Lavoro Agile, dovuto alla necessità di evitare i contatti sociali in occasione del diffondersi dell?epidemia da COVID-19, se da una parte ha rivelato le potenzialità della flessibilità, ha, d?altro canto, configurato nuovi rischi ai danni della personalità morale e della salute del lavoratore, laddove questo sia tenuto o incentivato ad operare costantemente connesso ?on-line?.Emerge, pertanto, la necessità di attuare il ?diritto alla disconnessione?, inteso come diritto del lavoratore a non essere sempre reperibile, evitando che la vita privata e quella lavorativa si confondano in un inscindibile binomio.Il primo riferimento normativo alla disconnessione è contenuto nella L. n. 81/2017 sul Lavoro Agile: la norma rimette all?accordo individuale di individuare ?i tempi di riposo del lavoratore, nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro? (art. 19, L. n. 81/2017).Il Legislatore, pertanto, non ha esso stesso disciplinato la disconnessione sul piano generale, ma ne ha demandato alle parti la regolazione.Nel corso di audizione alla Commissione lavoro del Senato del 13 maggio 2020 sulle ?ricadute occupazionali dell?epidemia da Covid-19?, Il Presidente dell'Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali aveva posto l?accento sulla questione della disconnessione, evidenziando come andasse ?assicurato ? in modo più netto di quanto già previsto ? anche quel diritto alla disconnessione, senza cui si rischia di vanificare la necessaria distinzione tra spazi di vita privata e attività lavorativa, annullando così alcune tra le più antiche conquiste raggiunte per il lavoro tradizionale?.La normativa emergenziale ? segnatamente, l?art. 2, comma 1-ter, L. n. 61 del 06/05/2021, che ha convertito con modificazioni il D.L. n. 30 del 13/03/2021 ? ha riconosciuto, invece, in favore del lavoratore agile, il ?diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche?, qualificando lo stesso come ?necessario per tutelare i tempi di riposo e la salute del lavoratore?.Nel più recente Protocollo Nazionale sul Lavoro in Modalità Agile nel settore privato, sottoscritto il 7 Dicembre 2021 dal Ministero del Lavoro e dalle parti sociali, si prevede, all?art. 3, la necessità di individuare ?la fascia di disconnessione nella quale il lavoratore non eroga la prestazione lavorativa?, da garantirsi attraverso ?specifiche misure tecniche e/o organizzative?.Non esiste, allo stato, una normativa europea sul diritto alla disconnessione, mentre la relativa legislazione differisce fra i diversi Stati membri.Nell?ordinamento francese, la legge ?n. 2016-1088 du 8 aout 2016 relative au travail, à la modérnisation du dialogue social et à la sécurisation des parcours professionels? (c.d. ?Loi travail?), ha modificato l?art. 2242-8 del Code du Travail introducendo l?obbligo per le aziende con almeno 50 dipendenti di disciplinare il diritto alla disconnessione nel contratto collettivo aziendale. In difetto di accordo, la disconnessione deve essere prevista in un regolamento, previa consultazione del comité d?entreprise (?comitato aziendale?) o con i rappresentanti dei lavoratori.Tale disposizione non individua, tuttavia, le sanzioni da applicare in caso di violazione.In una consimile prospettiva, l?art. 88 della legge organica spagnola n. 3/2018 in tema di ?diritti digitali del lavoro?, ha riconosciuto il diritto alla disconnessione digitale, assegnando alla contrattazione collettiva la definizione degli strumenti idonei a rendere effettivo tale diritto.In Irlanda, non si rinviene una disciplina che riconosca il diritto alla disconnessione.Nel 2021, tuttavia, la WRC (Ireland?s Workplace Commission) ha pubblicato un ?codice di condotta? sul diritto alla disconnessione (?Code of practice for employers and employees on the right to disconnect?), contenente linee guida per dipendenti e per i datori di lavoro.Il codice ha enunciato, in particolare, tre profili del diritto alla disconnessione: (i) il diritto del dipendente a non svolgere, di regola, la prestazione al di fuori del normale orario di lavoro; (ii) il diritto a non subire penalizzazioni per il fatto di essersi rifiutato di occuparsi di questioni lavorative al di fuori del normale orario di lavoro; (iii) il dovere di rispettare il diritto di disconnessione riconosciuto ad un altro lavoratore.Il Codice irlandese ha riconosciuto la necessità di creare una cultura in cui i dipendenti si sentano liberi di disconnettersi dal lavoro e dai dispositivi tecnologici, definendo anche talune ?best practices?, su come dipendenti e datori di lavoro dovrebbero gestire il diritto alla disconnessione e segnalare eventuali problemi.Dal 1° febbraio 2022 è stato introdotto, in Belgio, il "diritto alla disconnessione".In particolare, con il regio decreto del 02/12/2021, che ha modificato quello del 02/10/1937, i dipendenti pubblici possono essere contattati al di fuori del normale orario di lavoro solo per motivi eccezionali ed imprevisti che richiedono un immediato intervento; non possono, inoltre, essere pregiudicati per il fatto di non aver risposto al telefono o non aver letto messaggi al di fuori del normale orario di lavoro.Da novembre 2021, il Portogallo ha varato una legge in materia di lavoro agile che prevede, per le imprese con almeno dieci dipendenti, il divieto per i datori di lavoro di contattare i dipendenti al di fuori dell'orario, il divieto di monitoraggio di lavoro a distanza e l'obbligo per le aziende di organizzare degli incontri in presenza per i dipendenti, al fine di limitare la possibile sensazione di isolamento dei lavoratori agili, l?obbligo per le aziende di contribuire alle spese sostenute per il lavoro in remoto, come bollette di internet ed elettricità.In ambito europeo, è emersa la necessità di adottare una disciplina uniforme che assicuri livelli minimi di tutela ai lavoratori dell?Unione, anche in considerazione del fatto che in circa metà degli Stati membri la disconnessione non è regolata.Al fine di colmare il vuoto legislativo, nonché l?asimmetria tra le discipline dei vari Stati Membri, con Risoluzione del 21 gennaio 2021, recante ?raccomandazioni alla Commissione sul diritto alla disconnessione (2019/2181(INL)?, il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a presentare una proposta di direttiva dell?Unione su norme e condizioni minime per garantire che i lavoratori possano esercitare efficacemente il loro diritto alla disconnessione.La Risoluzione ha definito la disconnessione come ?un diritto fondamentale che costituisce una parte inseparabile dei nuovi modelli di lavoro della nuova era digitale?, ritenendolo ?un importante strumento della politica sociale a livello dell'Unione al fine di garantire la tutela dei diritti di tutti i lavoratori?, in particolare di quelli più fragili.L?esercizio di tale diritto ?consente ai lavoratori di astenersi dallo svolgere mansioni, attività e comunicazioni elettroniche lavorative, come telefonate, e-mail e altri messaggi, al di fuori del loro orario di lavoro, compresi i periodi di riposo, i giorni festivi ufficiali e annuali, i congedi di maternità, paternità e parentali nonché altri tipi di congedo, senza conseguenze negative?.A tal proposito, nella proposta di direttiva è fatto invito agli Stati membri di garantire una tutela avverso ogni conseguenza pregiudizievole adottata nei confronti del lavoratore agile in relazione all?esercizio del diritto alla disconnessione.Al riguardo, assume particolare interesse il regime probatorio approntato dalla proposta di direttiva in favore dei lavoratori che ritengano di essere stati discriminati o, comunque, sfavoriti per l?esercizio del diritto alla disconnessione (art. 5).Laddove, infatti, i lavoratori alleghino in giudizio fatti idonei a far sorgere una presunzione che siano stati licenziati o abbiano subito un altro trattamento sfavorevole per tale motivo, l?onere della prova incombe sul datore di lavoro, che deve dimostrare che il licenziamento o il trattamento sfavorevole sia stato basato su motivi diversi.Si tratta di un?importante attenuazione dell?onere della prova, non dissimile da quella già prevista dalla normativa antidiscriminatoria e di tutela del whistleblower.Cristina Tamburro(Dipartimento Comunicazione COA ROMA, Andrea Pontecorvo)