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2022-04-11

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Il Discorso del Presidente Paolo Nesta all’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2025

Il Discorso del Presidente Paolo Nesta all’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2025

CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2025 PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI ROMA INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL COA DI ROMA PAOLO NESTA "Sig. Presidente della Corte, Sig. Procuratore Generale, Autorità tutte presenti, Care Colleghe e Colleghi, intervengo alla cerimonia distrettuale di inaugurazione dell’anno giudiziario 2025, quale rappresentante dell’Avvocatura romana e distrettuale, nella consapevolezza che l’inaugurazione dell’anno giudiziario è un’occasione importante per fare un bilancio sull’andamento della Giustizia in Italia e per rinnovare il nostro impegno in favore di una giustizia efficiente, equa e vicina ai cittadini. - La Riforma Cartabia, di cui al DLGS 150/2022, ha perseguito la finalità, come è noto, di accelerare i tempi dei processi mediante la semplificazione delle procedure e la modernizzazione del sistema giudiziario italiano, nel settore civile e in quello penale. Ebbene questo obiettivo, in particolare con riferimento al settore civile, non appare essere stato conseguito, tenuto conto dell’attuale durata effettiva dei giudizi e del c.d. disposition time. Il dato, che emerge al riguardo, è l’aumento della durata media effettiva dei procedimenti civili in Tribunale, 460 giorni nel 2023, in crescita rispetto ai 433 giorni del 2022, e 466 giorni al 30 giugno 2024 con prevedibile aumento nel secondo semestre del 2024, tenuto conto del periodo feriale e del conseguente rallentamento delle attività. Va rilevato, però, che l’arretrato è in calo, atteso che i procedimenti, pendenti in Tribunale da oltre tre anni, alla fine del 2023 erano 254158, con una riduzione del 17% rispetto al 2022 e del 21,8% rispetto al 2021. Parimenti, nell’ambito della Corte d’Appello di Roma l’arretrato ultra biennale, ponendo a raffronto i dati del 2020 con quelli dell’anno 2023, risulta diminuito da 23.306 a 17.246 procedimenti nel settore civile (meno 32%) e da 32.630 a 30.312 procedimenti nel settore penale (meno 7,6%), con significativa riduzione, peraltro, dei procedimenti definiti per intervenuta prescrizione, pari al 53,22% nell’anno 2020 ed al 34,6% nel 2023. In presenza di tale situazione di criticità è entrato in vigore recentemente il DLGS n. 164/2024, noto come correttivo della Riforma Cartabia, con l’intento di perfezionare e chiarire alcuni aspetti della precedente Riforma e, quindi, di rendere le procedure più snelle, così garantendo una migliore funzionalità del processo civile. - Pur nell’apprezzamento dello sforzo di migliorare l’efficienza del processo civile, non può essere sottaciuto che le riforme del processo non sono sufficienti per risolvere il problema del carico processuale e della sollecita definizione dei procedimenti, se non si pone rimedio a quello che è il vero “vulnus”, ossia la carenza di strutture e soprattutto di organico dei Giudici e del personale amministrativo, che si protrae, ormai, da decenni e che è andato sempre più accentuandosi. Tale carenza, avvertita in quasi tutti i Distretti giudiziari italiani, assume aspetti di particolare gravità nel distretto della Corte d’Appello di Roma, dove i Giudici e gli Avvocati sono chiamati ad operare in una realtà territoriale, straordinaria per dimensioni e popolazione, con risorse insufficienti se rapportate alla mole dei procedimenti pendenti. - Parimenti inaccettabile è la situazione degli Uffici del Giudice di Pace del Distretto del Lazio e soprattutto di Roma, dove esiste una scopertura dell’organico dei Giudici, in misura superiore al 72%, essendo stati in servizio, nel 2024, 56 Giudici sui 210 previsti, a fronte di una pendenza, su base annua, nel settore civile di oltre 33 mila ricorsi per decreto ingiuntivo e di 29 mila cause tra ordinarie e opposizioni a sanzioni amministrative, trattate da soli 41 Giudici assegnati al settore civile e con ugual situazione deficitaria nel settore penale. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, negli scorsi mesi, è intervenuto per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle Autorità, lamentando non solo l’inaccettabile ritardo nella trattazione dei giudizi, ma anche evidenziando che l’ulteriore aumento di competenza del Giudice di Pace, previsto nell’anno 2025, avrebbe reso la situazione insostenibile, tenuto conto anche della grave carenza del personale amministrativo. In tale contesto abbiamo proposto alle Autorità ministeriali e al CSM soluzioni concrete, che prevedevano l’immediata immissione nelle funzioni giudicanti dei Giudici Onorari di Pace, già vincitori del concorso ed assegnati per un biennio all’Ufficio per il Processo del Tribunale. Prendiamo atto che un primo passo è stato fatto in quanto il Ministro della Giustizia con decreto legge 29 novembre 2024 n. 178 ha ridotto ad un anno l’assegnazione dei Giudici di Pace all’Ufficio per il Processo e a tal riguardo va sottolineata la tempestività con la quale il Presidente FF del Tribunale di Roma, subito dopo l’intervenuta modifica legislativa, ha disposto, in data 12.12.2024, l’immediata assegnazione di 16 Giudici presso gli Uffici del Giudice di Pace di Roma. - Uno dei capisaldi della Riforma Cartabia è la digitalizzazione del processo civile, certamente utile e in linea con l’evoluzione tecnologica, ma che, però, non deve andare a scapito della certezza del diritto, del giusto processo e della tutela delle garanzie difensive, con particolare riferimento al contraddittorio e all’oralità del processo, significativamente necessaria e, in taluni casi, indispensabile per realizzare il concetto di Giustizia. Purtroppo dobbiamo constatare l’esistenza di ostacoli legata alla mancata formazione del personale, all’inadeguata ed insufficiente manutenzione del sistema informatico esistente, che incide negativamente sul regolare funzionamento della Giustizia, creando situazioni di grave disagio agli operatori e agli Avvocati, nell’espletamento della loro attività. Difficoltà accentuata, per gli Avvocati, dalla mancata realizzazione di un'unica piattaforma, pur reiteratamente richiesta dall’Avvocatura e ribadita da una proposta di legge giacente in Parlamento, con identiche regole per tutti i riti, così da superare i sette distinti canali di deposito e di consultazione, oggi esistenti. - Siamo consapevoli che l’incremento degli organici dei Giudici e del personale amministrativo, unitamente al rinnovamento e all’efficace manutenzione delle piattaforme digitali, comportano un costo rilevante per lo Stato che deve farsi carico delle esigenze di bilancio, in funzione di altri servizi pubblici essenziali da assicurare alla cittadinanza. Dobbiamo osservare, però, che la Giurisdizione è una funzione primaria dello Stato e, quindi, deve poter fruire delle necessarie risorse economiche da porre a carico del sistema fiscale. Risorse economiche, peraltro, di non scarsa entità, tenuto conto del rilevante gettito derivante dalla Giurisdizione, in particolare dal contributo unificato e dall’imposta di registro applicata sui provvedimenti giudiziari. - Né può essere condivisa la recente novità normativa, introdotta dalla Legge di Bilancio 2025, che ha previsto l’aggiunta del comma 3.1 all’art. 14 del DPR 30.05.2012, recante il Testo Unico sulle spese di Giustizia, con la prevista impossibilità di iscrivere a ruolo le cause civili, salvi i casi di esenzione, qualora non sia effettuato il pagamento di almeno € 43,00. L’introduzione di tale pagamento, come peraltro accaduto nel corso degli ultimi anni con l’abnorme aumento del contributo unificato, limita l’accesso alla giustizia civile dei soggetti più deboli, economicamente e socialmente, in violazione del principio, costituzionalmente riconosciuto, che l’accesso alla Giustizia deve essere consentito a tutti, avendo consapevolezza che il problema del carico processuale non si risolve rendendo più difficoltoso o discriminando l’accesso alla Giustizia o comprimendo i diritti della Difesa. La Giustizia è un diritto universale e non un privilegio riservato a chi può permetterselo. - Parimenti nel settore penale la riforma Cartabia ha perseguito l’obiettivo di accelerare la definizione dei processi e di ridurre il numero dei procedimenti pendenti limitando, però, in taluni casi, l’effettività del diritto di difesa e dei valori del giusto processo nel nome di una pretesa efficienza e velocizzazione dei processi, come se il diritto di difesa fosse un ostacolo alla loro rapida conclusione, tale da giustificare sia la compressione dell’autonomo potere di impugnazione del difensore in danno dei soggetti più deboli, sia la previsione di nuove ipotesi di decadenza e d’inammissibilità legate ad aspetti puramente tecnici (errori nei depositi telematici o meramente formali come nei giudizi di impugnazione). Al riguardo è fortemente avvertita dall’Avvocatura l’esigenza di procedere, in tempi brevi, alla eliminazione di tutte quelle norme della riforma Cartabia che hanno limitato il diritto di difesa, così da ricostituire l’identità ed il ruolo costituzionalmente riconosciuto al difensore. La funzione giurisdizionale non può essere esercitata correttamente, secondo i dettami della Costituzione, se nell’esercizio di tale funzione non viene garantita l’effettività del diritto di difesa ed ogni sua ingiustificata limitazione viola i principi di legalità e democrazia, che costituiscono l’essenza dello Stato di diritto. L’Avvocatura è pronta a tutelare tali indefettibili e non negoziabili principi, sensibilizzando la società civile, i politici e gli organi di informazione, anche per ridurre significativamente la distanza esistente tra la cultura costituzionale dei diritti e la cultura sociale dominante, spesso orientata verso una deriva così giustizialista da identificare il difensore come complice del criminale o, ancor peggio, come difensore del crimine. E’ necessario diffondere la cultura del garantismo e far comprendere all’opinione pubblica che ogni cittadino, anche se accusato di efferati delitti, ha diritto alla difesa, che non deve essere in alcun modo limitata né tantomeno demonizzata. - Esprimiamo, altresì, la più profonda preoccupazione e lo sconcerto per le condizioni nelle quali continuano a vivere i detenuti nelle carceri italiane, senza che nessuno ascolti i continui appelli al rispetto dei diritti fondamentali delle persone in stato di detenzione. Carceri fatiscenti, sovraffollamento, condizioni degradate di vita anche per il personale di polizia penitenziaria, che hanno determinato, nel 2024, 88 suicidi tra i detenuti e anche suicidi tra il personale penitenziario. Di fronte a questa situazione drammatica, richiamata recentemente dallo stesso Presidente della Repubblica, è indispensabile intervenire senza preconcetti ideologici o visioni di parte, operando nel rispetto dell’art. 27 della Costituzione, il quale sancisce che le pene non debbono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere, invece, alla rieducazione del condannato. - Una questione cruciale e di attualità è la separazione delle carriere tra il Pubblico Ministero ed il Giudice. Al riguardo è necessario, nell’interesse primario dei cittadini, che sia evitata, pur nella diversità delle posizioni, una improduttiva e rigida contrapposizione tra i poteri dello Stato ed in tal senso l’Avvocatura è pronta ad impegnarsi, nei modi consentiti e nelle sedi opportune, per superare la grave conflittualità esistente. Va ribadito, però, il principio secondo cui il processo accusatorio richiede un Giudice terzo e imparziale rispetto al Pubblico Ministero e al Difensore nell’ambito di un contraddittorio che si deve svolgere, in attuazione dell’articolo 111, comma 2, della Costituzione, in condizioni di parità tra accusa e difesa, da intendersi non come uguaglianza di poteri tra PM e Difensori, ma come riconoscimento alla Difesa di poteri idonei a controbilanciare quelli spettanti al PM, il che vuol dire tutela assoluta e rafforzamento delle garanzie difensive per realizzare un effettivo contraddittorio. Il Giudice non solo deve essere ma anche apparire terzo e imparziale nella percezione dei cittadini e l’unicità della carriera tra Giudice e Pubblico Ministero, il fatto di provenire dallo stesso concorso, la possibilità del passaggio da una funzione all’altra, sia pure con i limiti introdotti, si rivelano fattori che incidono negativamente su tale percezione. Parità delle parti da attuare, sia ben chiaro, garantendo in modo assoluto l’autonomia e l’indipendenza del Pubblico Ministero, escludendo ogni controllo dell’esecutivo. Ciò in quanto ciascuno dei poteri dello Stato -legislativo, esecutivo e giudiziario- nessuno escluso, è tenuto a rispettare concretamente ed in ogni circostanza il principio della separazione dei poteri, evitando di porre in essere condotte che vadano a violare tale fondamentale principio, espressione della democrazia dello Stato e della volontà dei cittadini. Proprio l’esigenza di garantire l’effettività dell’autonomia, indipendenza ed obiettività, esige che il Pubblico Ministero nell’esercizio dell’azione penale sia immune da condizionamenti, specialmente di carattere politico, non spettando al Pubblico Ministero e nemmeno ai Giudici la risoluzione dei problemi sociali né una valutazione di carattere etico dei politici, avendo la Magistratura soltanto il compito di accertare, nel processo penale, la sussistenza o meno di fattispecie di reato nella condotta posta in essere dai soggetti in esso coinvolti. - Lo scorso anno, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ci eravamo soffermati sul ruolo, sempre più importante, che stava assumendo l’Intelligenza Artificiale, anche nell’ambito della Giustizia. A distanza di un anno constatiamo che siamo in una fase di costante evoluzione e di profonda trasformazione, in cui le tecnologie intelligenti cambieranno sempre più il volto del settore legale. Realisticamente siamo di fronte ad una nuova stagione dell’umanità e l’IA, con riferimento specifico alla Giustizia, costituirà un importante strumento per definire in tempi ragionevolmente brevi i processi, così da consentire l’attuazione del principio sancito dall’art. 111 della Costituzione. L’IA potrà costituire un importante banca dati, utile per la ricerca di filoni giurisprudenziali e per individuare gli orientamenti delle Corti e dei Tribunali territoriali, così da evitare inutili e costose vertenze giudiziarie. Sarà certamente utile per essere superiore all’uomo per quanto concerne la capacità di memoria, il lavoro ininterrotto, l’esclusione della incompetenza e della arbitrarietà, ma, come rilevato dalla Commissione Europea per l’efficienza della Giustizia, l’Intelligenza Artificiale, ossia la macchina, non è in grado: di sostituirsi all’essere umano nell’effettuazione di un ragionamento giuridico, men che meno di carattere sillogistico; nella scelta e nella interpretazione dei fatti rilevanti ai fini del decidere; non ha coscienza, intuizione, sensibilità, capacità di pensiero e di adattamento ad un fatto imprevedibile. Si basa, infatti, soltanto su precedenti contenuti in un software progettato senza alcuna garanzia di oggettività e competenza, oppure orientato a piacimento di chi lo ha creato. Sarà compito degli operatori del diritto, Avvocati e Giudici, approfondire i meccanismi specifici del settore tecnico – informatico, così da capire in che modo gli stessi possano essere messi a disposizione della collettività per conseguire benefici nel settore della Giustizia, compatibilmente con il rispetto dei principi della Costituzione. - In un’epoca che vede l’accentuarsi delle disuguaglianze e l’acuirsi dei conflitti, gli Avvocati, quali garanti della legalità e difensori dei diritti, memori che il Diritto come diceva Ulpiano, è “l’arte del buono e dell’equo”, ribadiscono l’impegno a tutelare con umanità e senso del dovere, i diritti fondamentali dell’uomo, difendendo la centralità della persona in tutte le sue dimensioni -dignità, libertà, uguaglianza- con particolare riferimento alle fasce più deboli della popolazione. Il nostro impegno non si esaurisce nell’aula di un Tribunale, ma intendiamo contribuire alla realizzazione di una società più giusta, dove i diritti fondamentali siano effettivamente garantiti a tutti, senza eccezioni. Pertanto, ad ogni componente rappresentativa dell’Avvocatura, istituzionale e politica, deve essere attribuito sempre il giusto riconoscimento ed adeguato rispetto e non è accettabile che il loro valore rappresentativo, ex lege previsto, sia sminuito e marginalizzato, come purtroppo accaduto recentemente, con provvedimenti inopportuni e, peraltro, privi di adeguata motivazione, che vanno ad incidere negativamente - non per fatto imputabile all’Avvocatura - sul rapporto esistente tra soggetti indispensabili per una corretta amministrazione della Giustizia. La Speranza ha due figli, diceva Sant’Agostino: il primo è l’Indignazione, il secondo è il Coraggio. L’indignazione serve per farci capire ciò che non ci piace, ciò che non riusciamo più a tollerare ed il coraggio serve per cambiare ciò che non ci piace. Ebbene, noi Avvocati nell’ambito di una collaborazione costruttiva con le Istituzioni e la Magistratura, basata sul rispetto reciproco e condivisione di obiettivi comuni, coltiviamo la Speranza che anche con il nostro determinante contributo in Italia si realizzi una Giustizia pronta ed efficiente, in grado di rispondere alle esigenze reali della società, così divenendo un presidio di legalità e uno strumento di pace sociale. Con tale auspicio, a nome dell’Avvocatura romana e di quella del Distretto della Corte d’Appello di Roma, porgo al Presidente della Corte, al Procuratore Generale e a tutti gli operatori della Giustizia, i migliori auguri di buon lavoro." Roma, 25.01.2025

GLI INTERESSI SUL COMPENSO DELL?AVVOCATO

GLI INTERESSI SUL COMPENSO DELL?AVVOCATO

Di Alessandro GRAZIANI - Per gli Avvocati, il profilo economico della professione forense è profondamente connesso al conseguimento dei dovuti compensi nella loro interezza, inclusiva di capitale ed accessori di ogni genere.Proprio per quanto attiene gli accessori, nel tempo si era sedimentata una sconcertante incertezza circa la decorrenza degli interessi di mora sul capitale spettante all?Avvocato a titolo di compenso professionale.Inizialmente, in tema di liquidazione di diritti ed onorari di avvocato e procuratore, l?ormai abrogato sistema tariffario prevedeva la disposizione contenuta nel D.M. 238/1992, secondo cui gli interessi di mora decorrevano dal terzo mese successivo alla spedizione della parcella al cliente.A dispetto di ciò, nel tempo si era comunque formata una considerevole giurisprudenza in senso contrario, fondata sulla considerazione che, in ipotesi di controversia avente ad oggetto la spettanza o la misura del compenso, il cliente non potesse essere considerato in mora prima della liquidazione delle somme dovute, da operarsi -in caso di contrasto- mediante provvedimento giudiziale.In linea con tale risalente tesi, qualche tempo fa era stato finanche ritenuto che la semplice spedizione della parcella ai clienti non fosse idonea a far decorrere gli interessi di mora dal momento che, in assenza di certezza sulla spettanza del compenso, non fosse configurabile alcun colpevole ritardo nel pagamento del debito.Più recentemente, però, si è affermato il ben diverso principio secondo cui la liquidità del debito non sia il presupposto indispensabile per costituire in mora il cliente, non vigendo nel nostro ordinamento il principio romanistico sintetizzato dal brocardo "in illiquidis non fit mora".Questo più recente orientamento è stato espressamente declinato dalla Corte Suprema (sentenza 11736/1998), affermando che il recapito della notula contenente la richiesta di pagamento dei compensi dell?Avvocato integri tutti gli estremi dell'atto di costituzione in mora, idoneo a dispiegare effetti tanto ai fini della decorrenza degli interessi, quanto per l?eventuale determinazione del maggior danno ex art. 1124 comma 2 c.c., senza che assuma alcun rilievo la contestazione del credito da parte del cliente.Dunque, la richiesta di pagamento del compenso (seppure in misura diversa da quella che possa essere successivamente determinata con provvedimento giudiziario) non esclude che il credito sia sufficientemente identificato ai fini di una idonea costituzione in mora del debitore, foriera della maturazione dei correlativi interessi di mora.Del resto, sostenere in maniera indiscriminata che gli interessi di mora decorrano solo dalla data della decisione che abbia determinato l?esatto ammontare del credito professionale equivarrebbe a rendere inapplicabile il consueto regime degli effetti della messa in mora ai crediti professionali degli Avvocati e ciò, quanto meno, per quanto concerne le prestazioni giudiziali civili, per le quali alla decisione si perviene per il tramite del procedimento speciale ex articolo 28 della legge n. 794 del 1942 (recentemente novellato dall?art. 14 del D. Lgs. n. 150/2011) oppure del rito monitorio di cui all?art. 633 comma 1 n. 2 c.p.c.Risolvendo ogni incertezza sul punto, con la recentissima sentenza 8611 dell?11 marzo 2022, la Corte Suprema ha affermato il seguente principio di diritto: ?Nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall?esercente la professione forense, gli interessi di cui all?art. 1224 c.c. competono a far data dalla messa in mora (coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento), e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all?esito del procedimento sommario di cui all?art. 14 del D. Lgs. n. 150/2011, non potendosi escludere la mora sol perché la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore?.Quest?affermazione costituisce, dunque, un ulteriore riaffermazione del diritto degli Avvocati al pieno conseguimento del proprio compenso, senz?alcuna elisione degli interessi di mora, componente resa tanto più significativa dal comma 4 dell?art. 1284 c.c. che ragguaglia -in caso di condanna giudiziale- il tasso degli interessi moratori a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento delle transazioni commerciali.Alessandro Graziani(Dipartimento Comunicazione COA ROMA, Andrea Pontecorvo)

COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI ROMA ? Cessazione dello stato di emergenza e partecipazione da remoto all?udienza

COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI ROMA ? Cessazione dello stato di emergenza e partecipazione da remoto all?udienza

CTP ROMA: L?UDIENZA IN PRESENZA E? UNA PRIORITA?La Commissione Tributaria Provinciale di Roma promuove il ritorno alla normalità sollecitando i Presidenti a tenere le udienze in presenza e lasciando, definitivamente e solo in via residuale, le udienze da remoto ai soli casi in cui i Colleghi che risiedono in Regione diversa dal Lazio ne facciano espressa richiesta ovvero quando siano addotte non generiche esigenze di tutela.In una nota dell?8 aprile 2022 il Presidente Sergio di Amato, ritenendo che la richiesta delle parti non determina necessariamente lo svolgimento dell'udienza a distanza (facendo leva sulle espressioni ?può avvenire? e ?può chiedere?) chiaramente precisa che la trattazione da remoto ?è un succedaneo di fatto non equivalente alla trattazione in presenza e che rende disagevole e più complesso lo svolgimento dell'udienza poiché non realizza la contemporanea presenza di tutti i ricorrenti e resistenti ai quali dare di volta in volta la parola ma richiede la laboriosa apertura di distinti collegamenti per ogni causa con possibili difficoltà tecniche?.Trovano accoglimento le pressanti richieste della Commissione di Diritto Tributario del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma e delle Associazioni dei tributaristi.Un provvedimento che riporta le controversie tributarie nell'alveo del giusto processo del quale l?udienza in presenza costituisce doverosa garanzia per i contribuenti.===> COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI ROMANota del Presidente dell'8.04.2022 Nota del Presidente del 4.04.2022SCARICA QUI LA NOTA Dipartimento Comunicazione, Cons. Avv. Andrea Pontecorvo