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2020-02-03

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Il Discorso del Presidente Paolo Nesta all’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2025

Il Discorso del Presidente Paolo Nesta all’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario 2025

CERIMONIA DI INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO 2025 PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI ROMA INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL COA DI ROMA PAOLO NESTA "Sig. Presidente della Corte, Sig. Procuratore Generale, Autorità tutte presenti, Care Colleghe e Colleghi, intervengo alla cerimonia distrettuale di inaugurazione dell’anno giudiziario 2025, quale rappresentante dell’Avvocatura romana e distrettuale, nella consapevolezza che l’inaugurazione dell’anno giudiziario è un’occasione importante per fare un bilancio sull’andamento della Giustizia in Italia e per rinnovare il nostro impegno in favore di una giustizia efficiente, equa e vicina ai cittadini. - La Riforma Cartabia, di cui al DLGS 150/2022, ha perseguito la finalità, come è noto, di accelerare i tempi dei processi mediante la semplificazione delle procedure e la modernizzazione del sistema giudiziario italiano, nel settore civile e in quello penale. Ebbene questo obiettivo, in particolare con riferimento al settore civile, non appare essere stato conseguito, tenuto conto dell’attuale durata effettiva dei giudizi e del c.d. disposition time. Il dato, che emerge al riguardo, è l’aumento della durata media effettiva dei procedimenti civili in Tribunale, 460 giorni nel 2023, in crescita rispetto ai 433 giorni del 2022, e 466 giorni al 30 giugno 2024 con prevedibile aumento nel secondo semestre del 2024, tenuto conto del periodo feriale e del conseguente rallentamento delle attività. Va rilevato, però, che l’arretrato è in calo, atteso che i procedimenti, pendenti in Tribunale da oltre tre anni, alla fine del 2023 erano 254158, con una riduzione del 17% rispetto al 2022 e del 21,8% rispetto al 2021. Parimenti, nell’ambito della Corte d’Appello di Roma l’arretrato ultra biennale, ponendo a raffronto i dati del 2020 con quelli dell’anno 2023, risulta diminuito da 23.306 a 17.246 procedimenti nel settore civile (meno 32%) e da 32.630 a 30.312 procedimenti nel settore penale (meno 7,6%), con significativa riduzione, peraltro, dei procedimenti definiti per intervenuta prescrizione, pari al 53,22% nell’anno 2020 ed al 34,6% nel 2023. In presenza di tale situazione di criticità è entrato in vigore recentemente il DLGS n. 164/2024, noto come correttivo della Riforma Cartabia, con l’intento di perfezionare e chiarire alcuni aspetti della precedente Riforma e, quindi, di rendere le procedure più snelle, così garantendo una migliore funzionalità del processo civile. - Pur nell’apprezzamento dello sforzo di migliorare l’efficienza del processo civile, non può essere sottaciuto che le riforme del processo non sono sufficienti per risolvere il problema del carico processuale e della sollecita definizione dei procedimenti, se non si pone rimedio a quello che è il vero “vulnus”, ossia la carenza di strutture e soprattutto di organico dei Giudici e del personale amministrativo, che si protrae, ormai, da decenni e che è andato sempre più accentuandosi. Tale carenza, avvertita in quasi tutti i Distretti giudiziari italiani, assume aspetti di particolare gravità nel distretto della Corte d’Appello di Roma, dove i Giudici e gli Avvocati sono chiamati ad operare in una realtà territoriale, straordinaria per dimensioni e popolazione, con risorse insufficienti se rapportate alla mole dei procedimenti pendenti. - Parimenti inaccettabile è la situazione degli Uffici del Giudice di Pace del Distretto del Lazio e soprattutto di Roma, dove esiste una scopertura dell’organico dei Giudici, in misura superiore al 72%, essendo stati in servizio, nel 2024, 56 Giudici sui 210 previsti, a fronte di una pendenza, su base annua, nel settore civile di oltre 33 mila ricorsi per decreto ingiuntivo e di 29 mila cause tra ordinarie e opposizioni a sanzioni amministrative, trattate da soli 41 Giudici assegnati al settore civile e con ugual situazione deficitaria nel settore penale. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, negli scorsi mesi, è intervenuto per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle Autorità, lamentando non solo l’inaccettabile ritardo nella trattazione dei giudizi, ma anche evidenziando che l’ulteriore aumento di competenza del Giudice di Pace, previsto nell’anno 2025, avrebbe reso la situazione insostenibile, tenuto conto anche della grave carenza del personale amministrativo. In tale contesto abbiamo proposto alle Autorità ministeriali e al CSM soluzioni concrete, che prevedevano l’immediata immissione nelle funzioni giudicanti dei Giudici Onorari di Pace, già vincitori del concorso ed assegnati per un biennio all’Ufficio per il Processo del Tribunale. Prendiamo atto che un primo passo è stato fatto in quanto il Ministro della Giustizia con decreto legge 29 novembre 2024 n. 178 ha ridotto ad un anno l’assegnazione dei Giudici di Pace all’Ufficio per il Processo e a tal riguardo va sottolineata la tempestività con la quale il Presidente FF del Tribunale di Roma, subito dopo l’intervenuta modifica legislativa, ha disposto, in data 12.12.2024, l’immediata assegnazione di 16 Giudici presso gli Uffici del Giudice di Pace di Roma. - Uno dei capisaldi della Riforma Cartabia è la digitalizzazione del processo civile, certamente utile e in linea con l’evoluzione tecnologica, ma che, però, non deve andare a scapito della certezza del diritto, del giusto processo e della tutela delle garanzie difensive, con particolare riferimento al contraddittorio e all’oralità del processo, significativamente necessaria e, in taluni casi, indispensabile per realizzare il concetto di Giustizia. Purtroppo dobbiamo constatare l’esistenza di ostacoli legata alla mancata formazione del personale, all’inadeguata ed insufficiente manutenzione del sistema informatico esistente, che incide negativamente sul regolare funzionamento della Giustizia, creando situazioni di grave disagio agli operatori e agli Avvocati, nell’espletamento della loro attività. Difficoltà accentuata, per gli Avvocati, dalla mancata realizzazione di un'unica piattaforma, pur reiteratamente richiesta dall’Avvocatura e ribadita da una proposta di legge giacente in Parlamento, con identiche regole per tutti i riti, così da superare i sette distinti canali di deposito e di consultazione, oggi esistenti. - Siamo consapevoli che l’incremento degli organici dei Giudici e del personale amministrativo, unitamente al rinnovamento e all’efficace manutenzione delle piattaforme digitali, comportano un costo rilevante per lo Stato che deve farsi carico delle esigenze di bilancio, in funzione di altri servizi pubblici essenziali da assicurare alla cittadinanza. Dobbiamo osservare, però, che la Giurisdizione è una funzione primaria dello Stato e, quindi, deve poter fruire delle necessarie risorse economiche da porre a carico del sistema fiscale. Risorse economiche, peraltro, di non scarsa entità, tenuto conto del rilevante gettito derivante dalla Giurisdizione, in particolare dal contributo unificato e dall’imposta di registro applicata sui provvedimenti giudiziari. - Né può essere condivisa la recente novità normativa, introdotta dalla Legge di Bilancio 2025, che ha previsto l’aggiunta del comma 3.1 all’art. 14 del DPR 30.05.2012, recante il Testo Unico sulle spese di Giustizia, con la prevista impossibilità di iscrivere a ruolo le cause civili, salvi i casi di esenzione, qualora non sia effettuato il pagamento di almeno € 43,00. L’introduzione di tale pagamento, come peraltro accaduto nel corso degli ultimi anni con l’abnorme aumento del contributo unificato, limita l’accesso alla giustizia civile dei soggetti più deboli, economicamente e socialmente, in violazione del principio, costituzionalmente riconosciuto, che l’accesso alla Giustizia deve essere consentito a tutti, avendo consapevolezza che il problema del carico processuale non si risolve rendendo più difficoltoso o discriminando l’accesso alla Giustizia o comprimendo i diritti della Difesa. La Giustizia è un diritto universale e non un privilegio riservato a chi può permetterselo. - Parimenti nel settore penale la riforma Cartabia ha perseguito l’obiettivo di accelerare la definizione dei processi e di ridurre il numero dei procedimenti pendenti limitando, però, in taluni casi, l’effettività del diritto di difesa e dei valori del giusto processo nel nome di una pretesa efficienza e velocizzazione dei processi, come se il diritto di difesa fosse un ostacolo alla loro rapida conclusione, tale da giustificare sia la compressione dell’autonomo potere di impugnazione del difensore in danno dei soggetti più deboli, sia la previsione di nuove ipotesi di decadenza e d’inammissibilità legate ad aspetti puramente tecnici (errori nei depositi telematici o meramente formali come nei giudizi di impugnazione). Al riguardo è fortemente avvertita dall’Avvocatura l’esigenza di procedere, in tempi brevi, alla eliminazione di tutte quelle norme della riforma Cartabia che hanno limitato il diritto di difesa, così da ricostituire l’identità ed il ruolo costituzionalmente riconosciuto al difensore. La funzione giurisdizionale non può essere esercitata correttamente, secondo i dettami della Costituzione, se nell’esercizio di tale funzione non viene garantita l’effettività del diritto di difesa ed ogni sua ingiustificata limitazione viola i principi di legalità e democrazia, che costituiscono l’essenza dello Stato di diritto. L’Avvocatura è pronta a tutelare tali indefettibili e non negoziabili principi, sensibilizzando la società civile, i politici e gli organi di informazione, anche per ridurre significativamente la distanza esistente tra la cultura costituzionale dei diritti e la cultura sociale dominante, spesso orientata verso una deriva così giustizialista da identificare il difensore come complice del criminale o, ancor peggio, come difensore del crimine. E’ necessario diffondere la cultura del garantismo e far comprendere all’opinione pubblica che ogni cittadino, anche se accusato di efferati delitti, ha diritto alla difesa, che non deve essere in alcun modo limitata né tantomeno demonizzata. - Esprimiamo, altresì, la più profonda preoccupazione e lo sconcerto per le condizioni nelle quali continuano a vivere i detenuti nelle carceri italiane, senza che nessuno ascolti i continui appelli al rispetto dei diritti fondamentali delle persone in stato di detenzione. Carceri fatiscenti, sovraffollamento, condizioni degradate di vita anche per il personale di polizia penitenziaria, che hanno determinato, nel 2024, 88 suicidi tra i detenuti e anche suicidi tra il personale penitenziario. Di fronte a questa situazione drammatica, richiamata recentemente dallo stesso Presidente della Repubblica, è indispensabile intervenire senza preconcetti ideologici o visioni di parte, operando nel rispetto dell’art. 27 della Costituzione, il quale sancisce che le pene non debbono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere, invece, alla rieducazione del condannato. - Una questione cruciale e di attualità è la separazione delle carriere tra il Pubblico Ministero ed il Giudice. Al riguardo è necessario, nell’interesse primario dei cittadini, che sia evitata, pur nella diversità delle posizioni, una improduttiva e rigida contrapposizione tra i poteri dello Stato ed in tal senso l’Avvocatura è pronta ad impegnarsi, nei modi consentiti e nelle sedi opportune, per superare la grave conflittualità esistente. Va ribadito, però, il principio secondo cui il processo accusatorio richiede un Giudice terzo e imparziale rispetto al Pubblico Ministero e al Difensore nell’ambito di un contraddittorio che si deve svolgere, in attuazione dell’articolo 111, comma 2, della Costituzione, in condizioni di parità tra accusa e difesa, da intendersi non come uguaglianza di poteri tra PM e Difensori, ma come riconoscimento alla Difesa di poteri idonei a controbilanciare quelli spettanti al PM, il che vuol dire tutela assoluta e rafforzamento delle garanzie difensive per realizzare un effettivo contraddittorio. Il Giudice non solo deve essere ma anche apparire terzo e imparziale nella percezione dei cittadini e l’unicità della carriera tra Giudice e Pubblico Ministero, il fatto di provenire dallo stesso concorso, la possibilità del passaggio da una funzione all’altra, sia pure con i limiti introdotti, si rivelano fattori che incidono negativamente su tale percezione. Parità delle parti da attuare, sia ben chiaro, garantendo in modo assoluto l’autonomia e l’indipendenza del Pubblico Ministero, escludendo ogni controllo dell’esecutivo. Ciò in quanto ciascuno dei poteri dello Stato -legislativo, esecutivo e giudiziario- nessuno escluso, è tenuto a rispettare concretamente ed in ogni circostanza il principio della separazione dei poteri, evitando di porre in essere condotte che vadano a violare tale fondamentale principio, espressione della democrazia dello Stato e della volontà dei cittadini. Proprio l’esigenza di garantire l’effettività dell’autonomia, indipendenza ed obiettività, esige che il Pubblico Ministero nell’esercizio dell’azione penale sia immune da condizionamenti, specialmente di carattere politico, non spettando al Pubblico Ministero e nemmeno ai Giudici la risoluzione dei problemi sociali né una valutazione di carattere etico dei politici, avendo la Magistratura soltanto il compito di accertare, nel processo penale, la sussistenza o meno di fattispecie di reato nella condotta posta in essere dai soggetti in esso coinvolti. - Lo scorso anno, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ci eravamo soffermati sul ruolo, sempre più importante, che stava assumendo l’Intelligenza Artificiale, anche nell’ambito della Giustizia. A distanza di un anno constatiamo che siamo in una fase di costante evoluzione e di profonda trasformazione, in cui le tecnologie intelligenti cambieranno sempre più il volto del settore legale. Realisticamente siamo di fronte ad una nuova stagione dell’umanità e l’IA, con riferimento specifico alla Giustizia, costituirà un importante strumento per definire in tempi ragionevolmente brevi i processi, così da consentire l’attuazione del principio sancito dall’art. 111 della Costituzione. L’IA potrà costituire un importante banca dati, utile per la ricerca di filoni giurisprudenziali e per individuare gli orientamenti delle Corti e dei Tribunali territoriali, così da evitare inutili e costose vertenze giudiziarie. Sarà certamente utile per essere superiore all’uomo per quanto concerne la capacità di memoria, il lavoro ininterrotto, l’esclusione della incompetenza e della arbitrarietà, ma, come rilevato dalla Commissione Europea per l’efficienza della Giustizia, l’Intelligenza Artificiale, ossia la macchina, non è in grado: di sostituirsi all’essere umano nell’effettuazione di un ragionamento giuridico, men che meno di carattere sillogistico; nella scelta e nella interpretazione dei fatti rilevanti ai fini del decidere; non ha coscienza, intuizione, sensibilità, capacità di pensiero e di adattamento ad un fatto imprevedibile. Si basa, infatti, soltanto su precedenti contenuti in un software progettato senza alcuna garanzia di oggettività e competenza, oppure orientato a piacimento di chi lo ha creato. Sarà compito degli operatori del diritto, Avvocati e Giudici, approfondire i meccanismi specifici del settore tecnico – informatico, così da capire in che modo gli stessi possano essere messi a disposizione della collettività per conseguire benefici nel settore della Giustizia, compatibilmente con il rispetto dei principi della Costituzione. - In un’epoca che vede l’accentuarsi delle disuguaglianze e l’acuirsi dei conflitti, gli Avvocati, quali garanti della legalità e difensori dei diritti, memori che il Diritto come diceva Ulpiano, è “l’arte del buono e dell’equo”, ribadiscono l’impegno a tutelare con umanità e senso del dovere, i diritti fondamentali dell’uomo, difendendo la centralità della persona in tutte le sue dimensioni -dignità, libertà, uguaglianza- con particolare riferimento alle fasce più deboli della popolazione. Il nostro impegno non si esaurisce nell’aula di un Tribunale, ma intendiamo contribuire alla realizzazione di una società più giusta, dove i diritti fondamentali siano effettivamente garantiti a tutti, senza eccezioni. Pertanto, ad ogni componente rappresentativa dell’Avvocatura, istituzionale e politica, deve essere attribuito sempre il giusto riconoscimento ed adeguato rispetto e non è accettabile che il loro valore rappresentativo, ex lege previsto, sia sminuito e marginalizzato, come purtroppo accaduto recentemente, con provvedimenti inopportuni e, peraltro, privi di adeguata motivazione, che vanno ad incidere negativamente - non per fatto imputabile all’Avvocatura - sul rapporto esistente tra soggetti indispensabili per una corretta amministrazione della Giustizia. La Speranza ha due figli, diceva Sant’Agostino: il primo è l’Indignazione, il secondo è il Coraggio. L’indignazione serve per farci capire ciò che non ci piace, ciò che non riusciamo più a tollerare ed il coraggio serve per cambiare ciò che non ci piace. Ebbene, noi Avvocati nell’ambito di una collaborazione costruttiva con le Istituzioni e la Magistratura, basata sul rispetto reciproco e condivisione di obiettivi comuni, coltiviamo la Speranza che anche con il nostro determinante contributo in Italia si realizzi una Giustizia pronta ed efficiente, in grado di rispondere alle esigenze reali della società, così divenendo un presidio di legalità e uno strumento di pace sociale. Con tale auspicio, a nome dell’Avvocatura romana e di quella del Distretto della Corte d’Appello di Roma, porgo al Presidente della Corte, al Procuratore Generale e a tutti gli operatori della Giustizia, i migliori auguri di buon lavoro." Roma, 25.01.2025

Anno Giudiziario 2020 - discorso del Presidente Galletti

Anno Giudiziario 2020 - discorso del Presidente Galletti

CERIMONIA DISTRETTUALE DI INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO 2020 Sig. Presidente della Corte,Autorità tutte presenti, l?inaugurazione dell?anno giudiziario, di ogni anno giudiziario, deve considerarsi l?occasione non rituale per fare il punto sulla situazione della Giustizia.L?Avvocatura romana e quella distrettuale che ho l?onore di rappresentare, così come quella nazionale, che oggi pure rappresento per conto dell?Organismo congressuale forense, costituisce il soggetto necessario, diremmo integra il contraddittorio, di ogni bilancio consuntivo, così come di ogni progetto che riguarda il complesso delle regole e il sistema organizzativo della giustizia.La magistratura riveste il ruolo costituzionale di potere dello Stato, ma senza la giusta considerazione di chi rappresenta l?equiordinato diritto costituzionale alla difesa, ogni rappresentazione della relazione del rapporto tra lo Stato e il cittadino sarebbe costituzionalmente menomata.Ricordiamo volentieri quel passaggio non secondario nel quale Costantino Mortati, padre costituzionale, sottolineava come il diritto alla difesa corrispondesse ?non solo all?interesse delle parti, ma a quello della giustizia in quanto le deduzioni delle parti cooperano alla formazione di un retto giudizio?.Ecco, sia consentito richiamare quello schema concettuale, così semplice eppur veritiero e convincente, per dire che anche nell?organizzazione della giustizia e dei suoi istituti l?avvocatura e la magistratura cooperano alla formazione di un giusto sistema giudiziario.Auspico perciò che magistratura e avvocatura, entrambe libere e indipendenti, condividano l?esigenza di legittimarsi reciprocamente e ritenersi elementi indefettibili, ciascuno competente per le attribuzioni assegnate dalla Costituzione, dei modi di funzionamento della giustizia e delle sue esigenze di razionalizzazione, di ammodernamento, di aggiornamento giuridico, amministrativo e tecnologico.L?avvocatura è una parte costituente delle politiche giudiziarie del Paese e, infatti, non può ritenersi compiutamente istruito un atto politico finalizzato alla organizzazione della giustizia se privato del supporto organico di esperienza, di cultura giuridica, di valutazione degli esiti da parte dell?avvocatura e pertanto auspico che alla volontà di partecipazione tecnico giuridica, sociale e costituzionale non si contrapponga un ingiustificato ostracismo.L?anno appena trascorso ha visto la Giustizia Italiana al centro dell?attenzione generale sia per il clamore di indagini di rilievo e, in particolare, nell?estate 2019, per le note vicende dai risvolti anche giudiziari che hanno direttamente investito gli stessi operatori della giurisdizione ed il governo autonomo della magistratura, sia per le riforme, in parte approvate e in corso di attuazione e in parte solo annunciate dal Ministro e dalle maggioranze di governo che si sono succedute.Sotto quest?ultimo profilo basterà ricordare la legge sul c.d. codice rosso (L. 19 luglio 2019, n. 69) per tutelare i soggetti deboli e, in particolare le vittime di violenza domestica e di genere, il rinvio ulteriore della legge di regolamentazione delle intercettazioni telefoniche (la c.d. riforma Orlando L. 23 giu. 2017, n. 103, in vigore dal 1 marzo prossimo), la riforma della disciplina delle c.d. class action (L. 12 aprile 2019, n. 31), il disegno di legge delega al Governo per l?efficienza del processo civile e la revisione degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, l?introduzione nell?ordinamento giudiziario dell?organico di magistratura distrettuale flessibile.Non v?è dubbio però che al centro del dibattito, anche nel nostro Distretto, v?è stata l?entrata in vigore dal 1 gennaio della disciplina, introdotta dalla legge volgarmente denominata ?spazzacorrotti? (L. 9 gen. 2019, n. 3), che sospende il decorso del termine della prescrizione dopo la sentenza penale di primo grado e fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio (art. 159 c.p.).La posizione dell?Avvocatura e quella della comunità dei giuristi, con la rara eccezione di taluni oramai abituali predicatori televisivi, è nota ed è di preoccupata contrarietà per l?incostituzionale violazione dei principi generali di civiltà giuridica della certezza del diritto e della giusta durata del processo.Il Presidente della Corte nella Sua relazione mi ha onorato di una citazione relativa ad un mio intervento sui social dove evidenziavo che la definizione in tempi ragionevoli del processo è un diritto di tutte le parti (imputato e persona offesa) ed è il presupposto della funzione rieducativa della pena. Negarlo, vuol dire negare la rilevanza che assume inevitabilmente il tempo nella vita di ciascuno di noi. Si tratta di un modo subdolo per scaricare sul cittadino le inefficienze della Giustizia che non potrà mai essere condiviso dai difensori del cittadino medesimo.La crisi della giurisdizione non può essere contrastata, né risolta attraverso la riduzione delle garanzie e dei diritti delle parti e della difesa, talvolta presentati nel dibattito pubblico come un inutile e costoso ostacolo che si frappone al corretto e ordinato corso dell?attività giudiziaria.Tale falsa descrizione della realtà ha purtroppo come corollario il serio e concreto pericolo di un gravissimo e inammissibile arretramento della civiltà giuridica del nostro paese, oltre all?annunciata realizzazione dell?effetto opposto rispetto a quello immaginato dal legislatore della riforma: ieri il Presidente della Suprema Corte di Cassazione ha lanciato un grido di dolore avvertendo anche i più sprovveduti che, una volta a regime, la riforma comporterà l?approdo in Cassazione di oltre 25.000 ulteriori procedimenti l?anno con un incremento del carico di lavoro del giudice di legittimità del 50% annuo.Certamente però il deficit di efficienza, efficacia e tempestività della risposta giudiziaria costituisce un problema centrale delle nostre istituzioni ed è la causa prima della disaffezione generale che la comunità nazionale manifesta nei confronti delle istituzioni giudiziarie, al punto da determinare perdita di credibilità e competitività del nostro paese anche nello scenario internazionale.Al ministero di noi difensori gli assistiti tutti (cittadini, imprese, enti) affidano richieste di tutela giurisdizionale che abbiamo l?obbligo di tradurre in strumenti giuridici adeguati e in iniziative concretamente utili, garantendo la qualità delle prestazioni professionali e per questo è essenziale il riconoscimento di un compenso equo, purtroppo talvolta negato non soltanto dai grandi committenti, ma con liquidazioni giudiziarie inutilmente vessatorie che non tengono conto della realtà.La crisi della giurisdizione è talmente avvertita dall?avvocatura che ad essa ha interamente dedicata una sessione dell?ultimo Congresso Nazionale Forense conclusa con l?approvazione di un manifesto programmatico per l?effettività della tutela dei diritti e per la salvaguardia della Giurisdizione.Gli uffici giudiziari, compresi quelli del nostro Distretto, sono afflitti da una grave insufficienza di magistrati, una drammatica vacanza dei ruoli del personale amministrativo e, più in generale, una inammissibile inadeguatezza delle risorse economiche destinate a quella che è una funzione primaria dello Stato di diritto, in quanto volta alla concreta realizzazione dei diritti dei singoli e della collettività e all?inveramento dei principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale.La crisi della giurisdizione è dunque un fenomeno che negli ultimi decenni, con responsabilità che possono essere equamente ripartite tra le forze di governo che si sono via via succedute, ha assunto i tratti di una patologia endemica e cronica che trova solo un parziale miglioramento con il piano di assunzioni programmato dal Ministero.Preoccupa in primo luogo lo stato materiale di conservazione degli edifici in cui le attività giudiziarie sono svolte nonostante il dissesto delle strutture, distribuite in diversi edifici, distanti tra loro e scelti più in base alle strette contingenze che in ragione di criteri di razionale organizzazione.Allo stato di degrado materiale degli edifici, vanno aggiunte le condizioni emergenziali in cui si svolgono le attività giudiziarie per la cronica carenze di personale.Il dato romano è significativo e rappresenta perfettamente la situazione che descrivo in modo oggettivo. Infatti, su 1.202 unità di personale previste nella pianta organica v?è una scopertura di oltre 400 (esattamente 412: sono perciò in servizio soltanto 790 unità residue di personale): oltre il 30% di posti vacanti!Nessuna azienda, pubblica o privata, per quanto virtuosa (? neppure quelle della Silicon Valley), potrebbe funzionare in una situazione simile.E? dunque un vero e proprio miracolo che il sistema ancora regga grazie all?eroico sacrificio di noi tutti: avvocati, magistrati e personale amministrativo.Sotto questo crinale va apprezzato l?impegno alle nuove assunzioni annunciato dal Ministro, ma occorre intervenire immediatamente e non c?è tempo per attendere i futuri vincitori dei concorsi che saranno espletati nel triennio.Sulla questione dei tempi della risposta giudiziaria si è già detto molto e in moltissime occasioni. Il fenomeno ha dimensioni e portata che vanno oltre i numeri delle statistiche ufficiali, spesso rese ?esteticamente? più gradevoli con adeguati accorgimenti tecnici.L?avvocatura ha ovunque offerto la propria disponibilità, sia adeguandosi alle situazioni di disservizio, sia attraverso la supplenza delle istituzioni forensi locali, che hanno messo a disposizione importanti risorse economiche per fare fronte elle emergenze.Il solo Ordine forense romano oramai ha ben n. 13 unità di personale assegnate in supporto degli uffici giudiziari per consentirne il funzionamento ed evitarne il collasso. Altro che lucrare sulla prescrizione come raccontano i telepredicatori: gli avvocati romani pagano di tasca propria per consentire il funzionamento del sistema!Dalla situazione descritta è conseguito che purtroppo la giurisdizione è vista dalla collettività come distante e non in grado di affermare la presenza del presidio statale sul territorio, non sostiene il nostro sistema produttivo e non costituisce adeguato presidio di legalità nel sistema di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali.La crisi è arrivata al punto da tradursi in una generale disaffezione per le istituzioni giudiziarie e mettere a serissimo rischio la stessa legittimazione della Giurisdizione nei confronti della Comunità Nazionale.Tale rischio non può essere combattuto solo con riforme processuali a costo zero, né può essere evitato con le soluzioni volontaristiche ed emergenziali. Certamente non può essere fronteggiato con l?aggravamento della risposta giustizialista, con la riduzione delle garanzie processuali delle parti e con l?attribuzione di responsabilità all?eccessività della domanda giudiziale e al ruolo della difesa nel processo: si tratta di una strategia inutile che rende ancor più acuta la delegittimazione e disgrega le forze che tutti dobbiamo mettere in campo.L?avvocatura, lungi dall?essere espressione di un potere, costituisce presidio di libertà e di garanzia dei diritti e delle tutele, affinché sia sempre assicurata, con il ripristino della legalità violata, la riparazione delle lesioni dei diritti e delle libertà e conseguentemente il contenimento dell?abuso di ogni forma di potere e del consolidamento delle situazioni di squilibrio sociale. Il suo ruolo, la sua autonomia e la sua indipendenza costituiscono un patrimonio collettivo da salvaguardare, in uno con l?autonomia e l?indipendenza degli altri soggetti della giurisdizione.La situazione sin qui descritta anche nel nostro Distretto deve oramai essere fronteggiata nella consapevolezza che si tratta di una vera e propria emergenza che deve diventare una priorità nazionale alla quale vanno destinate, in via prioritaria, risorse straordinarie.Noi siamo disponibili a dimostrare nei fatti la volontà di stipulare un vero e proprio ?Patto per la Giurisdizione? con il quale tutte le componenti, legittimandosi e coinvolgendosi reciprocamente, si sostengono per fare recuperare alla giurisdizione quella credibilità e quel sostegno collettivo che le spettano quale luogo di elezione della tutela dei diritti, senza i quali sono a rischio gli elementi fondanti della nostra civile convivenza. Da questo punto di vista credo che Roma possa essere un modello virtuoso da seguire: gli incontri mensili tra il nostro Ordine forense ed i capi degli uffici giudiziari, promossi dal Presidente della Corte dott. Panzani, hanno consentito una maggiore conoscenza reciproca delle difficoltà e lo scambio di informazioni, argomenti e consigli, nonché di superare varie situazioni di criticità.È con tale auspicio che porgo al Presidente della Corte, al Procuratore Generale ed a tutti l?augurio di buon lavoro dell?Avvocatura romana, di quella del Distretto della Corte di Appello di Roma e di quella nazionale dell?OCF.Roma, 31 gennaio 2020Antonino Galletti